Vicini ma lontani

Un commento alla manifestazione #safethepassagenow a Bruxelles

Si è tenuta anche a Bruxelles ieri la marcia dal nome #Safethepassagenow.

Come dice il nome stesso, la marcia non mirava solo a rappresentare una simbolica e generica manifestazione di solidarietà nei confronti dei rifugiati, quanto invece  invece la richiesta da parte dei cittadini di tutto il mondo di un passaggio sicuro, prima di tutto attraverso la creazione di corridoi umanitari nei paesi in crisi e la possibilità di chiedere il visto già nei paesi terzi. Una richiesta non nuova (Safe the passage è anche il nome di una petizione lanciata da Amnesty International questo settembre) e indirizzata ad un destinatario specifico: quegli stessi leader europei che si riuniscono nelle moderne sedi della Commissione e del Parlamento a Bruxelles.

È per questo che la manifestazione alla quale ho partecipato ieri, di cui ho apprezzato l’armonia e l’assoluta mancanza di violenza, mi ha sorpreso per la sua apparente mancanza di finalità politica. Se ciò che importa in una manifestazione pacifica e non violenta è ciò che appare, la manifestazione di ieri è apparsa come ciò che, nella mia opinione, non doveva limitarsi ad essere: una generica manifestazione di solidarietà da parte di cittadini impegnati attivamente o semplicemente simpatizzanti con i diritti dei rifugiati. Una manifestazione dunque, fine a se stessa: partecipata da chi già aveva assunto una posizione e rivolta agli stessi.

 Emblematico il percorso, che ha attraversato solo Bruxelles Nord, un quartiere di certo ricco di significato per molti cittadini e rifugiati nella città: tra i primi luoghi attraversato vi sono stati il Parc Maximilien e la “Platforme”, dove l’onda di rifugiati arrivata questo settembre ha trovato l’assistenza di cittadini e associazioni. Luoghi di certo importanti, ma dal significato già noto a molti manifestanti.

E non dovrebbe essere invece quello di sollevare delle domande nel non addetto ai lavori, lo scopo di una marcia del genere? Nel turista in visita nel centro di Bruxelles o nel quartiere europeo, o nell’abitante ignaro che affacciandosi sulla strada vede sfilare un corteo di persone vestite di salvagenti? Egualmente povera la fine della manifestazione, che si è conclusa in una piccola piazza di Bruxelles Nord. All’interno, un palco sul quale si sono esibiti un paio di artisti e hanno parlato alcuni attivisti, un banchetto per il giornale Lutte sociale e un paio di stands che distribuivano cibo gratuitamente. È mancato un momento informativo e rivolto ai non addetti, inevitabili assenti. Così come è mancato un momento di protesta verso gli addetti ai lavori: Commissione e Parlamento.

Una conferma ulteriore che si sia trattato di un semplice momento di condivisione, per quanto del tutto autoreferenziale. La sensazione che rimane è quella di essere lontani quanto vicini ai mari in cui i rifugiati continuano ad annegare, vicini quanto lontani dalle istituzioni europee a cui un flusso pacato e ben educato di cittadini chiede di dare risposta.