di Martina Bartocci
La pozione magica di Asterix è stata finalmente ritrovata: si tratta del vaccino anti Covid-19, l’unica arma per distruggere l’invasore! Le popolazioni vicine e lontane ansimano nella speranza di raggiungere il filtro miracoloso. Chi riuscirà ad accaparrarsi la maggior parte delle dosi?
Questa breve metafora introduttiva non è poi così distante dalla realtà odierna. Il vaccino è, ad oggi, l’unico espediente per riavvolgere il nastro e tornare alla tanto rimpianta normalità del 2019. Purtroppo, come in ogni guerra che si rispetti, tutti gli Stati mettono in campo le loro armi migliori e la distribuzione vaccinale è, al momento, alquanto disomogenea. Ciò è dovuto in parte, ai diversi approcci che gli Stati hanno adottato nel fronteggiare l’emergenza e in parte, alla disparità di potere contrattuale nel negoziare con le case farmaceutiche. Vediamo nel dettaglio le principali strategie di approvvigionamento vaccinale.
La politica vaccinale dell’Unione Europea
La Commissione e gli Stati membri hanno adottato un approccio comune per garantire l’approvvigionamento. In particolare, la Commissione ha concluso accordi preliminari di acquisto con i singoli produttori di vaccino per conto degli Stati membri. L’Ue ha finanziato una parte dei costi iniziali sostenuti dalle aziende produttrici, in cambio del diritto di acquistare un determinato numero di dosi, in un determinato periodo di tempo e ad un determinato prezzo. Questi finanziamenti sono considerati un acconto sui sieri acquistati dagli Stati membri. La domanda che potremmo porci è se un singolo stato europeo possa negoziare autonomamente con i produttori di vaccino. La risposta è NO, o meglio, l’art.7 del contratto stipulato dalla Commissione con gli Stati prevede quanto segue: “Gli Stati membri si sono impegnati, nell’ambito della strategia dell’Ue sui vaccini, a non avviare negoziati paralleli con gli stessi produttori di vaccini con i quali sono in corso negoziati a livello dell’Ue”. Per semplificare, possiamo dunque affermare che gli Stati hanno il divieto di stipulare accordi bilateri con le stesse aziende farmaceutiche con cui sta negoziando l’Unione. Ciò che uno Stato può fare è concludere contratti per vaccini prodotti da altre aziende, regioni o Stati membri. Questo freno alla corsa individuale dei singoli Paesi europei rientra sempre nell’ottica di adottare una strategia comune, al fine di avere una Europa ad un’unica velocità quantomeno nell’approvvigionamento vaccinale. Al momento, gli Stati europei con più vaccini somministrati sono Germania e Francia.
La politica vaccinale degli Usa
Gli Stati Uniti sono noti per aver intrapreso una delle migliori campagne vaccinali al mondo. Come è stato possibile? Nel maggio del 2020, l’amministrazione Trump ha avviato Il piano “Warp Speed”, ossia una partnership pubblico-privata per facilitare ed accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di vaccini. Si tratta di un programma di investimento di oltre 10 miliardi di dollari con il mandato di finanziare vaccini, terapie – come due trattamenti anticorpali recentemente approvati – e diagnostica. Gli Usa in particolare si sono preoccupati di disporre di una adeguata capacità di produzione, investendo nelle varie fasi della catena produttiva. Possiamo dunque affermare che la forza degli Stati Uniti sia stata dovuta a due fattori: l’America ha “gettato soldi” sul problema, sovvenzionando ingentemente le case farmaceutiche e lo ha fatto molto velocemente, ancor prima che il vaccino prendesse forma. Ad oggi, secondo le fonti di Our World in Data, negli Stati Uniti 72.630.892 persone sono state vaccinate con la seconda dose.
La politica vaccinale della Gran Bretagna
La Gran Bretagna ha raggiunto la tanto agognata immunità di gregge: si deduce facilmente dunque che ha posto in essere una campagna vaccinale a dir poco eccellente. Il Regno Unito ha scommesso fortemente sul vaccino sviluppato dall’università di Oxford, finanziato anche con risorse pubbliche. A differenza di quanto normalmente avviene, Oxford ha concesso ad AstraZeneca una licenza esclusiva (di solito i risultati delle ricerche vengono concessi dall’università a più aziende) e le agenzie pubbliche competenti hanno partecipato direttamente al contratto di licenza, rendendosi beneficiarie di alcuni diritti (es. diritto ad essere avvantaggiati rispetto ad altri acquirenti). Inoltre, per quel che concerne la somministrazione, il Regno Unito ha beneficiato degli effetti del fenomeno “Brexit”: non dovendo infatti attendere l’autorizzazione dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), ha iniziato con largo anticipo la campagna vaccinale.
Considerazioni finali
Alla luce di questa disamina possiamo notare come, anche nell’emergenza da Covid-19, sia sempre più attuale un antico detto latino: Pecunia impetrat omnia (il denaro ottiene tutto). E’ evidente che nell’approvvigionamento vaccinale, gli ingenti e tempestivi investimenti sulle produzioni farmaceutiche siano stati di fondamentale importanza per la distribuzione delle dosi. Di certo l’Europa, con il suo approccio centralizzato e con il suo iniziale scetticismo, non ha brillato per tempestività nella campagna vaccinale. Ma adesso siamo ancora in tempo per correre ai ripari?
img.source: Wired