Peggy Guggenheim è stata molte cose: ineguagliabile collezionista d'arte contemporanea, eccezionale taste-maker, infallibile talent-scout, attenta pianificatrice e organizzatrice di eventi culturali. Una scalpitante icona femminile che ha giocato un ruolo da protagonista all'interno del mutante processo evolutivo dell'arte nella seconda metà del secolo scorso.
La Guggenheim, tuttavia, prima ancora di essere tutte queste cose, è stata una donna, con tutto ciò che questo comporta. Questo assunto, scontato e quasi sciocco, è stato tuttavia il perno centrale attorno a cui è stato costruito "Peggy Guggenheim: Art Addict", stuzzicante film proiettato lo scorso venerdì all'interno della rassegna #settearti, promossa dal Centro Santa Chiara e curata da Sergio Fant.
Non sono qui per dare un voto al film o per dilungarmi in dettagliate analisi tecniche ma essenzialmente per un motivo: se siete incuriositi dall'arte contemporanea, se siete affascinati da nomi scintillanti come Pollock, Breton e Duchamp, se vi intrigano correnti artistiche come Surrealismo, Espressionismo Astratto e Dada e se volete immergervi nel "dietro le quinte" di una delle collezioni più sontuose al mondo, ecco, questo film fa per voi. Sono stato breve, avete visto? 😉
Se mai vi passerà tra le mani questo titolo sappiate che non è affatto una perdita di tempo e che vi fornirà stimoli di riflessione, rivelazioni inedite, nuove prospettive per analizzare un argomento di cui moltissimi hanno scritto ma che pochi hanno vissuto in prima persona come permette di fare questo film.
L'arte è cibo per l'anima (e Peggy aggiungerebbe che è anche "cibo per il corpo" visto che è andata a letto con un numero impressionante di artisti…)!