di Lorenza Giordani con i suggerimenti di Elia Baggio
Colori autunnali, foglie arricciate, castagne e vin brulé: l’autunno è ormai ben che arrivato e come accade da tre anni a questa parte, si porta con sé TRANSITI, rassegna musicale del Centro Servizi Culturali Santa Chiara diretta da Alberto Campo.
Transiti, per dirla con le parole del suo ideatore, è un “viaggio musicale senza confini”, dalle caratteristiche multiculturali, che si muove all’Africa all’America, passando per l’Italia; la mappa di questo viaggio non esiste, viene costantemente ridisegnata, perché il linguaggio della musica è in grado di varcare soglie geografiche e confini temporali, legando il passato al presente ed al futuro. La rassegna, infatti, ha lo scopo di testimoniare l’attualità con produzioni capaci di rappresentare allo stesso tempo sia il legame con le tradizioni, che l’esplorazione di nuovi territori.

foto: Schorle
Il primo artista a calcare il palcoscenico del Sanbàpolis lo scorso 13 novembre è stato Arto Lindsay, newyorkese di nascita ma profondamente influenzato dall’esperienza dell’infanzia e giovinezza in Brasile, al seguito dei genitori missionari. Il tempo passa anche per lui, ma lo stile punk dell’East Village si mescola ancora bene con quell’occhiale arrotondato dal tono intellettuale: dai vorticosi sferragliamenti di chitarra della scena No Wave di New York con i suoi DNA alle incursioni nel cantautorato brasiliano, passando per le collaborazioni con Jean-Michel Basquiat, Brian Eno e Ryuichi Sakamoto, Arto Lindsay torna a stupire con il nuovo album «Cuidado Madame»; uscito lo scorso gennaio e ora promosso con un tour che vede ben quattro date italiane. Ad accompagnare Arto in questo suo itinerario sonoro, il chitarrista samba Luis Filipe de Lima e Marivaldo Paim, percussionista di Bahia, abili nell’esaltare con calore e precisione le complesse tessiture di questo nuovo progetto ispirato alle musiche afrobrasiliane e alle cerimonie estatiche del candomblé.

foto: copertina del nuovo album
Il nuovo album esce a tredici anni di distanza dal precedente album “Salt”, mescolando, sovrapponendo e celebrando le due anime che caratterizzano Lindsay: da una parte troviamo lo spirito avvolgente e rassicurante del Brasile, simbolo di calore e giovinezza, dall’altro lo stridore e l’azzardo dell’antichitarrismo lindsayano; in quest’ultimo album sembra però prevalere la prima delle due anime. Rispetto al passato sono più sporadiche le bordate di cartavetrata della sua chitarra, qui ridotte al minimo in favore di un sottofondo rotondo e fasciante.
Sul palco del Sanbàpolis, in scaletta, risaltano la bossa nova dai ritmi moderni di Seu Pai, Ilha Dos Prazeres e Uncrossed e la tropicalissima ballad Pele de Perto. Pochi, o forse non così espliciti, i richiami nel disco alle radici del chitarrismo noise e no wave – su tutte Arto vs. Arto -, che invece non sono mancati durante il concerto, con parentesi sia in solitaria che in ‘dialogo’ con la chitarra classica di Luis Filipe de Lima. Non sono poi mancate canzoni di album precedenti, su tutte la bellissima Simply are contenuta nel disco Noon Chill del 1997.