Il pubblico della poesia#6: Christian Sinicco

Una riflessione collettiva. Sesta puntata

 

di Adriano Cataldo

 

La poesia fa male

Nanni Balestrini

 

Per costruire questa piccola rubrica ci siamo posti una domanda: quali sono i confini della poesia?

In un mondo in cui il richiamo ai confini è spesso connotato all’esclusione, proponiamo all’opposto un ragionamento volto a ciò che possa accomunare le diverse realtà che operano nell’universo poetico italiano.

Non è nostro obiettivo stabilire una definizione di poesia, vogliamo invece parlare del suo pubblico. Il punto di partenza è un testo molto famoso del poeta Nanni Balestrini. In questo testo viene evidenziata l’esistenza di un “patto” tra chi fa poesia e chi ne fruisce. In questa prospettiva, risulta di fondamentale importanza capire i meccanismi di questa relazione pubblico-poeta, perché può dire molto sul fare poesia.

Come altre forme d’arte, l’universo poetico vive a nostro avviso una forte lacerazione.

Da un lato, si vede un’apertura molto forte al fare poesia, veicolata parzialmente dai nuovi media. Un’apertura orizzontale, che risponde alle necessità che hanno gli individui di esprimersi e di trovare parole per comprendere il proprio tempo. Un’urgenza che spesso non tiene conto della qualità del testo poetico.

Dall’altro lato, esiste un forte richiamo alla qualità del testo poetico, un’apertura verticale, che secondo alcuni dovrebbe rappresentare il confine per stabilire cosa sia davvero la poesia, per distinguerla dalla scrittura non-poetica, oppure da quella di poco pregio.

In base ai due diversi gradi di apertura, si possono identificare dal nostro punto di vista due tipi di poesia: una popolare e una laureata. Si tratta di due categorie analitiche, esemplificative, che servono per orientarsi, ma che nella realtà sono più sfumate.

Partendo da questo scenario, intervisteremo diversi esponenti del mondo poetico (poeti e poetesse, organizzatori e organizzatrici di eventi, critici e critiche) e ragioneremo sulle possibili differenze tra poesia popolare e laureata.

Dopo Alessandra Racca, il nostro sesto ospite è Christian Sinicco, poeta e critico letterario. Ha recentemente pubblicato Alter (Vydia, 2019; prefazione di Giancarlo Alfano) e dirige la rivista online Poesia del nostro tempo ed è redattore di  «Midnightmagazine» e «Argo».

(Christian Sinicco, foto di Daniele Ferroni)

 

Cosa spiega il successo della poesia popolare, in termini di vendite e copertura mediatica, nonostante la scarsa qualità dei testi?

Innanzitutto il discorso di Balestrini era situato in un altro momento storico e non andava verso l’utilizzo di forme dettate dall’epigonismo, dialogiche e intimiste, che non avessero una strategia estetizzante, come peraltro dimostra l’esperienza della Neoavanguardia, anche grazie al riutilizzo della parodia e della satira. In relazione al contesto politico e letterario, all’utilizzo della sperimentazione, soprattutto nelle tecniche di assemblaggio, Balestrini è tra i profili più interessanti, ma in un certo modo anche poco costante sugli esiti – vedi tra le ultime opere Elettra opera poesia, dove la disarticolazione e gli assemblaggi operano sì un flusso ben gestito, ma il risultato sul piano dell’opera non può poggiare esclusivamente su qualche spunto tecnico, e mi riferisco appunto al tentativo di orientare “ambiguità della struttura” e confondere “i piani / diversi punti di vista”. Starei dunque attento a utilizzare le forme parodiche di Balestrini senza ospitare una riflessione anche sulla sua sperimentazione. Quella poesia citata in esergo non verifica nulla oggi, ma può essere spunto per comprendere le tautologie che l’esperienza di Balestrini ha registrato. 

Balestrini, nella sperimentazione, ha dimostrato di andare in una direzione diversa dal semplice orientamento del lettore. Trovo dunque che tutte queste comunicazioni tese a “normalizzare” i percorsi della poesia di valore, anche quella che con diversi esiti ha sperimentato, siano fuorvianti.
Sulle vendite: mi sembra che i libri di Franco Arminio siano andati molto bene, ma spinti dalla grande pubblicità innescata dall’attività peculiare del poeta in difesa del paesaggio e dagli uffici stampa. Sono andati bene anche altri libri Bompiani, nella nuova collana Capoversi: i numeri non sono certo sull’ordine di quelli dei romanzi di successo mondiale, ma l’operazione sembra funzionare.
Tuttavia Franco Loi un giorno mi ha detto – cosa che condivido – che nei secoli la poesia viene letta molto di più. Solo che non saremo noi ad attestarlo, e a osservare chi sarà più stimato.
La questione della scarsa qualità dei testi, per me è da affrontare con la critica: non si può più fingere di non capire quanto la mimesi (la rappresentazione di una realtà ambientale, sociale o culturale, nel modo più realistico possibile) sia un problema, quando i testi sono complici e subordinati ai linguaggi e alle pratiche editoriali e dei mass media, tra cui i social; poi c'è l’epigonismo, che attenzione pervade tantissime realtà editoriali e le collane delle grandi case editrici, che non fanno più filtro. Infine, come ho scritto recentemente anche su Poesia del nostro tempo, non si può accettare una poesia appiattita sulla prosa (o sul versoliberismo) senza strategie estetizzanti.
Quindi ben venga un Balestrini, oggi, e anche le forme parodiche, ma è da implementare il discorso teorico e realizzare opere oltre la Neoavanguardia, capaci di oltrepassare la mimesi, il dialogismo, combinando approcci diversi per restituire poesia, non solo la cronaca dei giornali con qualche pensierino, la riflessione prosastica con un verso tagliato a caso o il testo buffo e ammiccante. Il poeta dovrebbe lavorare oltre la standardizzazione del proprio lavoro, ampliando le tematiche e le funzionalità nei testi, periodo dopo periodo. 

Esiste qualche esempio di buona poesia capace di raggiungere un pubblico più ampio?

Questa domanda è piuttosto strana. Quando il poeta realizza la poesia il pubblico non è presente (analogamente, quando Shakespeare scriveva le sue opere il pubblico non c’era). Scrivere considerando di avere un pubblico di fronte, è una finzione.
Infatti funzionano molto alcuni prodotti editoriali che offrono target al pubblico, ma se lo fanno solo considerando le relazioni con le notizie recenti – ed è quella la scena, l’aggancio col pubblico -, l’efficacia sarà relativa al momento. Puoi osservare, Adriano, ad esempio, come molta della produzione cabarettistica e dello slam utilizzi la mimesi, il dialogismo e l’intimismo, e gli elementi della finzione sono informazioni già presenti nella comunicazione, non solo come avvenimenti, ma come modalità del vivere già codificate. Quindi se il poeta lavora solo su come questi elementi si agganciano al testo portando il pubblico dalla sua parte, va bene, avrà un bel successo in un dato momento (dovrebbe esserne consapevole, e accettare le critiche).

Se prendiamo ad esempio Shakespeare, che resiste pure oggi, vediamo che dipende dall’elaborazione interna della scena su altri piani formativi, teoretici, che ampliano le possibilità interpretative all’interno delle opere e non le agganciano esclusivamente al tempo presente. Mi viene in mente Hamletica di Massimo Cacciari, su come elementi di un’opera offrano spunti interpretativi pure nel mutarsi delle epoche.
Ci sono molti libri di poesia che offrono spunti interessanti a questo proposito. Non saprei dove iniziare, sono migliaia. Sul mio tavolo sto rileggendo, ad esempio, Poesie di Claudia Ruggeri edito da Musicaos, Poesie di René Char edito da Einaudi, ma pure Dove si ferma il mare di Yang Lian (Scheiwiller) o Coordinate per la crudeltà di Fabrizio Lombardo (Kurumuny). Ogni settimana rileggo qualcosa, e posso assumere elementi che facciano pensare alla poesia, quella che porta qualche elemento in più, che integra la mia esperienza quotidiana.
Quindi sì, esiste la buona poesia. Mi viene anche in mente, pensando allo slam italiano che ho contribuito a fondare, a Partiture per un addio di Paolo Agrati, bella plaquette dai fondamenti escatologica, ma pure le raccolte in metrica di Alfonso Maria Petrosino.

Per affrontare questo discorso sulla poesia e il pubblico, bisogna uscire dagli schemi di difesa dei diversi ambienti italiani e applicare un sistema di critica in grado di funzionare trasversalmente, e credo che iniziare a ospitare le cautele sulla mimesi nei nostri discorsi sia una via percorribile, oltre alle altre questioni menzionate.

La "poesia laureata" può avere un impatto sociale?

In Italia il concetto di poeta laureato è francamente inesistente, non essendoci istituzioni, come nei paesi anglosassoni per questa certificazione – come l’americana Joy Harjo, Poeta Laureata lo scorso anno, che è uscita recentemente in Italia con una raccolta Un delta nella pelle (Passigli).
Una volta esistevano dei premi, come il Montale, che offrivano una sorta di certificazione. C’erano in giuria grandissimi nomi (Loi, Luzi, Spaziani, tra gli altri), e nonostante questo si sentiva diffusamente che alcune nomination (tre i vincitori, tra cui veniva scelto un supervincitore) erano più per l’impegno che per il libro in sé.
Credo che un sistema di certificazione debba ripartire dal giudizio sui libri, oltre la storia dei poeti in un dato sistema, come è ancora il nostro, molto chiuso e improntato ai circoletti, alla presunta fama.
Inoltre la grande editoria dovrebbe fare scouting sul territorio e tra le piccole e medie case editrici – non è detto che il poeta che abbia scritto un libro favoloso per una piccola o media casa editrice, poi abbia un’opera dello stesso livello, ma è impensabile proseguire nella sola pubblicazione di sodali senza scouting editoriale… Con una programmazione decennale, monitorando la poesia tra le regioni e le pubblicazioni delle piccole e medie case editrici, le collane delle grandi case editrici diventerebbero serie e attrattive.

Quale impatto sociale possa avere la poesia, oggi, non è dato sapere. Il poeta fa i suoi tentativi, ma quando tocca la sensibilità di più generazioni, continuando a rifornire di interpretazioni il nostro vissuto, dimostra di avere un impatto oltre il sistema letterario e i comunicati stampa del mercato editoriale.

* * *

Le risposte di Sinicco introducono diversi aspetti di novità. Per la prima volta viene analizzata la poesia di Nanni Balestrini che dà il titolo alla nostra rubrica, offrendo alcuni spunti che possono essere utili a inquadrare la figura di questo poeta all’interno dello scenario della Neoavanguardia italiana. Nella nostra prospettiva, il testo di Balestrini rappresenta un pretesto, uno strumento per inquadrare il rapporto poeta-pubblico. In particolare, la citazione in esergo ribadisce l’idea secondo cui la poesia nella nostra prospettiva non serve a curare l’anima. La poesia è per noi nella migliore delle ipotesi uno strumento per analizzare la stratificazione della realtà, che serve a insinuare dubbi. Crediamo all’esistenza di un rapporto tra chi scrive e chi legge, un rapporto che possa rompere le tautologie (a cui anche Sinicco fa riferimento) tra un tipo di poesia che serve solo a tranquillizzare il pubblico e un tipo di pubblico disposto soltanto a essere tranquillizzato. 

Sinicco individua nella mimesi (il tentativo di narrare il contemporaneo aderendo totalmente al tempo in corso attraverso il suo linguaggio) un fattore di bassa qualità nella poesia popolare contemporanea, in quanto conduce a una possibile semplificazione del messaggio. Esiste comunque a nostro avviso la possibilità che la poesia mimetica possa considerarsi di qualità, soprattutto quella che in altra sede abbiamo definito poesia “civile”. Ovviamente, si tratta di un’operazione più complessa, perché deve adottare un linguaggio capace di dialogare con la tradizione e analizzare la contemporaneità, in modo che quel messaggio non sia necessariamente vincolato all’attualità.
Per Sinicco, il pubblico che si ha di fronte nel processo di scrittura è fittizio, perché questo viene necessariamente dopo che il testo sia stato ultimato. È possibile per chi scrive avere un pubblico ideale a cui rivolgersi, in base a un patto narrativo che si costituisce, per esempio, sull’immaginare un altro significativo, una sorta di io espanso che vede, ascolta e legge quanto il poeta produce.

Come Alessandra Racca, Sinicco fa un riferimento al mondo editoriale che gioca un importante ruolo nella diade poeta-pubblico, tale da costituirsi come un terzo polo. A nostro avviso, nella disputa tra poesia popolare e poesia laureata, l’editoria avrà un ruolo sempre più importante perché in base al suo orientamento si capirà in futuro quali approcci prevarranno e quali vie dovranno inventarsi i poeti per poter emergere e, di conseguenza, quali modalità di fruizione saranno riservate al pubblico. A tal proposito, per avere un primo quadro della situazione, risulta importante guardare alle vendite, per capire in che modo piccoli e medi editori fanno, rifacendosi alle parole di Sinicco, un importante lavoro di “scouting”.

Per concludere, useremo anche questa volta le parole di Nanni Balestrini:

Il pubblico della poesia non minaccia proprio nessuno

è invece mite generoso attento

prudente interessato devoto

ingordo immaginifico un po' inibito

pieno di buone intenzioni di falsi problemi

di cattive abitudini di pessime frequentazioni

di mamme aggressive di desideri irrealizzabili

di dubbie letture e di slanci profondi

non è assolutamente cretino non

è sordo indifferente malvagio non è

insensibile prevenuto senza scrupoli non è vile

opportunista pronto a vendersi al primo venuto.

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