Al mondo c’è un bellissimo Paese nel quale non si ricordano le cose

Il mix esplosivo “Lega al Sud” assume di norma, nelle orecchie di chi ascolta, il suono di una battuta,  di un paradosso, o di un ossimoro, un po’ come “fuoco amico”, o “silenzio assordante”. I fatti, tuttavia, contrastano l’apparenza: la Lega al Sud non è una figura retorica, ma un fenomeno esistente. Da un po’ di tempo a questa parte, Matteo Salvini ha deciso che la battaglia contro i rom e l’Europa ladrona vada combattuta con gli ex nemici al fianco, i meridionali, prima bollati come parassiti e ladroni. La strategia è semplice ma efficace: individuato il nemico comune, ci si unisce in un confuso sentimento di odio.

Non è mancato al raduno del 28 della Lega in Piazza del Popolo  qualche (sparuto) gruppo di Anzio, Nettuno, Andria, Barletta e Trani, i quali hanno entusiasticamente aderito al reclutamento nella nuova forma di paraleghismo meridionale: “Noi con Salvini”. Inutile dire che il programma politico tanto della Lega al Sud quanto di “Noi con Salvini” sia inesistente, e non per pigrizia o scarsa fantasia, ma perché un partito che chiede una riduzione delle tasse al 15 per cento, “difficilmente è riuscito a solleticare gli istinti più profondi di chi chiede più assistenzialismo, più intervento, più aiuti specifici” come ha osservato Alessandro Leogrande, invitando a non sopravvalutare l’espansione della Lega al Meridione. Dell’alleanza Lega-CasaPound invita a non temere invece Erri de Luca, in un intervista per L’Espresso, in cui sostiene si sia trattato di un trucchetto per far numero in piazza.

Un fatto però è sicuro: Salvini sa come soddisfare il bisogno della massa, per quanto eterogenea, di scaricare il suo sentimento di rabbia e frustrazione. Eppure il  trucco di indirizzare i cattivi sentimenti ai classici capri espiatori, con slogan e felpe disegnate su misura della città, sembra non soddisfarlo più. Per questo nel discorso alla Piazza, decide di aggiungere un pizzico di splatter a condire l’elogio a due reali episodi di violenza, o meglio, di omicidio. La folla non riesce a trattenere il boato quando il leader del Carroccio esprime solidarietà a Graziano Stacchio, benzinaio di Ponte di Nanto, che il 4 febbraio ha ucciso con cinque colpi di fucile un rom e ad Antonio Monella, imprenditore di Arzago d’Adda condannato per aver ucciso un ladro nel 2006, ora entrambi in carcere. Il Paese in cui questo avviene è lo stesso in cui Erri de Luca è stato sottoposto a processo per istigazione a delinquere per aver scritto che “la Tav va sabotata”. Lo scrittore ha spiegato nel suo ultimo libro, “La parola contraria”, quale sia il significato di “sabotare”, e che anche l’ostruzionismo parlamentare (strumento utilizzabile in uno Stato democratico) può costituire sabotaggio. Le contraddizioni, in Italia, sono di casa, sicché a volte, per non cadere in contraddizione col nostro passato, noi italiani preferiamo dimenticare.  Elio Germano, nel suo contributo a #mai con Salvini, racconta ad un gruppo di bambini rom e ricorda ai connazionali, di quando i brutti e puzzolenti di pelle scura e bassa statura, i  ladri, i  parassiti e gli stupratori erano o eravamo noi italiani, spinti ad attraversare il mare per  inseguire il grande sogno in America. Non dimentichiamolo e raccontiamolo ai discriminati di oggi, e non dimentichiamo neanche la data del 28 Febbraio, in cui un’ opinione pubblica composta di “Artisti, Insegnanti, Artigiani, Ricercatori, Lavoratori della conoscenza, Persone, prima di qualsiasi mestiere, che vivono e vogliono vivere in un mondo pieno di bellezza”, auto-mobilitatasi con l’ausilio dei social networks, è scesa in piazza per dire la sua parola contraria contro il razzismo del terzo millennio, dando un esempio di resistenza culturale e pacifica. 

(Carlotta Garofalo)