Bonporti e Unitn: parte la ship

Si è conclusa giovedì la serie di lezioni-concerto, organizzata in sinergia tra Conservatorio e Università

di Giulia Leccese

Si è conclusa con la serata di giovedì 17 ottobre, con un incontro riguardante la musica elettronica e la sua evoluzione, la mini-rassegna BonporTiamo, frutto degli sforzi e della sinergia tra alcuni studenti del Conservatorio e dell’Università di Trento.

Per l’occasione, ci sembra doveroso dare spazio e risonanza ad un’iniziativa nata dall’esigenza di creare momenti di compenetrazione disciplinare e di informazione tra le due realtà universitarie della nostra Trento, tanto piccola, quanto, a volte, dispersiva.

Se, arrivati a questo punto, già dopo poche righe, l’accostamento tra la realtà del Conservatorio ed il mondo universitario non vi torna, allora avete bisogno di un update ventennale: nel 1999, infatti, ha inizio un lento processo che ha portato all’equipollenza dello studio delle discipline cosiddette AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e coreutica) ai titoli accademici (le laureee Treinnale e Magistrale, per intenderci). Sin dalla sua messa in atto, ormai da una decina d’anni gli studenti di tutti i conservatori d’Italia, con gli ovvi ed inevitabili scontenti, bufere burocratiche e brontolii ma si stava meglio quando si stava peggio, compilano piani di studio, si destreggiano tra cfu e un’infinità di insegnamenti (“forse troppi” obietta qualcuno).

Ma la questione non si ferma agli aspetti ministeriali, per i quali già si lavora nelle alte sfere, cercando di gestire, ad esempio, la situazione complessa ed ambigua della doppia frequenza.

Se il sentimento è largamente condiviso da entrambe le parti, tuttavia come purtroppo spesso accade, Atlante è sempre una figura (quasi) solitaria sulle cui spalle grava il peso di spinose responsabilità: Emma Breda, arpista e studentessa di Giurisprudenza e pochi altri “a cui ho brutalmente delegato cose da fare”, è divisa tra queste due realtà e non si capacita del perché, nella piccola e confortevole Trento, sia così esiguo l’interesse reciproco (“il Conservatorio non è a Gardolo, sta in piazza Fiera!”).

Così, una volta tornata dall’esperienza Erasmus, chiede aiuto all’Unione degli universitari di Trento, che la affianca nella proposta del progetto al TAUT: una serie di incontri in collaborazione tra Università e Conservatorio, che veda un pubblico ibrido, esteso alle compagini studentesche universitarie.

Ecco che, finalmente, si esce dai familiari cortili di Economia e Sociologia, si scende dalla collina e ci si ritrova sbalzati in un mondo tanto simile, quanto affascinante nelle sue peculiarità: scopriamo, dunque, che il cortile del Conservatorio, dove si è svolto in giugno il primo appuntamento con l’Orchestra di Fiati, non è il labirinto del re Minosse e che, tantomeno, vi si nasconde il Minotauro. Ci rendiamo conto che i nostri colleghi di Piazza Fiera e di Via Veneto (la sede staccata dei corsi di laurea in Pop e Jazz) non sono creature mitologiche, misteriose chimere o temibili Meduse, centauri o fatine dei boschi, ma che, anzi, condividono la stessa vita universitaria di chi sta in Via Tommaso Gar o a Mesiano: fatica e delusioni, soddisfazioni e champagnoni in Scaletta.

Sarcasmo a parte, Emma ha sintetizzato per noi l’essenza motrice degli eventi che si sono susseguiti nei mesi: “Abbiamo impostato tutti gli appuntamenti nella forma della lezione-concerto, alternando quindi momenti musicali a spiegazioni che hanno cercato di essere il più possibile fruibili anche al grande pubblico”.

Alla domanda su eventuali criticità, si apre, come prevedibile, il vaso di Pandora: “Le criticità sono state tante, sia organizzative e di natura burocratica, che a livello di imprevisti: al primo concerto pensa che mi sono dimenticata di predisporre le sedie per il pubblico! E Il giorno del concerto delle classi di pop e jazz” continua a raccontarci, divertita “era previsto un acquazzone torrenziale. All’ultimo minuto abbiamo dovuto spostare l’evento al teatro Sanbapolis, ma, nonostante ciò, il pubblico ci ha seguito.”

Sorge spontanea, arrivati a questo punto, la domanda d’obbligo: sono previste nuove collaborazioni?

“Per il momento sono esausta e in realtà non esiste ancora una progettualità precisa, ma, a detta di tanti, l’iniziativa è validissima e quindi probabilmente l’anno prossimo organizzeremo qualcosa un po’ più in grande e condiviso”.

La prima necessità, tanto ovvia, quanto complessa nella sua realizzazione, rimane dunque il livello di partecipazione, il senso di collettività che, com’è naturale che sia, non si costruisce in pochi mesi, ma attraverso minuscoli basamenti, fallimenti e piccole vittorie.

“Viaggiando con la mente si potrebbe fondare un’associazione e partecipare a bandi più grandi, in autonomia e senza doversi affidare ad associazioni esterne. Ci sono tante cose belle che si potrebbero fare… però, dai, ne riparleremo!”

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