Il pubblico della poesia #3: Simone Savogin

Una riflessione collettiva. Terza puntata

di Adriano Cataldo

 

La poesia fa male

Nanni Balestrini

 

Per costruire questa piccola rubrica ci siamo posti una domanda: quali sono i confini della poesia?

In un mondo in cui il richiamo ai confini è spesso connotato all’esclusione, proponiamo all’opposto un ragionamento volto a ciò che accomuna le diverse realtà che operano nell’universo poetico.

Non è nostro obiettivo stabilire una definizione di poesia, vogliamo invece parlare del suo pubblico. Il punto di partenza è un testo molto famoso del poeta Nanni Balestrini. In questo testo viene evidenziata l’esistenza di un “patto” tra chi fa poesia e chi ne fruisce. In questa prospettiva, risulta di fondamentale importanza capire i meccanismi di questa relazione pubblico-poeta, perché può dire molto sul fare poesia.

Come altre forme d’arte, l’universo poetico vive a nostro avviso una forte lacerazione.

Da un lato, si vede un’apertura molto forte al fare poesia, veicolata parzialmente dai nuovi media. Un’apertura orizzontale, che risponde alle necessità che hanno gli individui di esprimersi e di trovare parole per comprendere il proprio tempo. Un’urgenza che spesso non tiene conto della qualità del testo poetico.

Dall’altro lato, esiste un forte richiamo alla qualità del testo poetico, un’apertura verticale, che secondo alcuni dovrebbe rappresentare il confine per stabilire cosa sia davvero la poesia, per distinguerla dalla scrittura non-poetica, oppure da quella di poco pregio.

In base ai due diversi gradi di apertura, si possono identificare dal nostro punto di vista due tipi di poesia: una popolare e una laureata. Si tratta di due categorie analitiche, esemplificative, che servono per orientarsi, ma che nella realtà sono più sfumate.

Partendo da questo scenario, intervisteremo diversi esponenti del mondo poetico (poeti e poetesse, organizzatori e organizzatrici di eventi, analisti e analiste) e ragioneremo sulle possibili differenze tra poesia popolare e laureata.

Dopo Gilda Policastro, il nostro terzo ospite è Simone Savogin. tre volte campione nazionale di Poetry Slam, finalista 2019 di Italia’s got talent, ha girato l’Europa con i suoi spettacoli di spoken world. Durante l’emergenza coronavirus, ha presentato una maratona di 24 ore in cui si sono esibiti telematicamente i principali esponenti del poetry slam internazionale.

Lo abbiamo scelto per la sua abilità di conciliare testi apprezzati da un vasto pubblico a un’alta competenza in fatto di di scrittura ed esibizione.

 

(Simone Savogin)

Cosa spiega il successo della poesia popolare, in termini di vendite e copertura mediatica, nonostante la scarsa qualità dei testi?

Oltre alla semplice ragione racchiusa nella parola stessa, una poesia è popolare quando raggiunge e tocca un popolo, sia esso ristretto o vasto. Quindi la poesia ha il successo che trova non sempre per propri meriti, ma per svariate ragioni: moda, accessibilità, mezzo o valore. Sono convinto (è molto naïf, lo so), che presto o tardi, il valore trovi sempre il suo riconoscimento, ma per un’analisi istantanea dell’attuale, non si può considerare la qualità del testo come fattore principale del suo successo. Viviamo in un mondo veloce che, anche con questa battuta d’arresto (l’emergenza coronavirus e le conseguenti misure di distanziamento sociale, ndr), non smette di correre (perché siamo tutti in casa a smaniare per uscire, quando mentre correvamo ci lagnavamo perché non avevamo un momento di sano riposo casalingo), quindi quel che il popolo vuole è qualcosa che alimenti, che sostenga, che olii la macchina, il correre; qualcosa di semplice, spesso, qualcosa di rinvigorente o tranquillizzante. Ed esattamente come per il meccanismo di accettazione sociale avulso dalla poesia, il sentirsi parte di una fanbase, funziona spesso molto più di una reale compassione con (oltre che comprensione di) un testo.

Il discorso è ampio e sempre identico a sé stesso: perché si ascolta Antonacci e non i Tool?! Qualitativamente parlando, Mozart era l’Antonacci dei suoi tempi, in quanto a popolarità, ma ha “retto il colpo” del tempo perché il suo genio è inoppugnabile. Ma chi ascolta attivamente Mozart oggi? Il popolo? Una nicchia? Nessuno dei due, e tutti e due. Oltre a essere un discorso un po’ fine a sé stesso, il distinguere o il correlare vendite/copertura mediatica e qualità, è un voler giustificare, a mio avviso, le poche vendite di chi ritiene di “essere incompreso”.

Esattamente come per l’esistenza stessa, come per il diffondersi di questo virus rispetto ad altre migliaia, così, spesso, una poesia ha più successo di altre per puro caso. Letta da qualcuno e condivisa sul giusto mezzo, una poesia può diventare famosa per semplice e purissimo culo (facciamo un buon 15%). Una poesia può avere successo di pubblico per pura moda: “leggo lui perché #novabbè parla di me” (ahimè, questo è un ottimo 70% tendente all’80%). Rimane davvero un’esigua percentuale per il valore, la qualità. Non ho mai accettato questa insistenza nel correlare valore e popolarità, forse perché ho imparato sin da piccolo che a impegno e sforzo, non corrisponde quasi mai né risultato, né accettazione o riconoscimento. Questo, però, può portare a un nichilismo di “allora perché sforzarsi”, che comprendo, ma non accetto; a un orgoglio, che trovo stupido, di “sono tutti gli altri che non mi riconoscono”; o a un’accettazione reiterata che mi fa dire “questo è ciò a cui sono arrivato, se non basta, ci riprovo”. Prima o poi qualcuno mi dirà sinceramente di smettere, oppure qualcuno si troverà ad assonare con ciò che scrivo e avrò raggiunto la mia tanto agognata popolarità.

 

Esiste qualche esempio di buona poesia capace di raggiungere un pubblico più ampio?

Esattamente come è spesso un caso che una poesia rispetto a un’altra abbia successo in un determinato momento, capitano casi in cui ad aver successo sia un’ottima poesia. Può anche essere soltanto questione di abitudine, di aumento della cultura di base di un popolo (raro e sempre più raro, purtroppo), oppure di più fattori convogliati in un singolo caso anomalo. Non sono un assiduo frequentatore della poesia, nonostante legga quanto posso, quel che posso; non sono un amante della critica letteraria, perché apprezzo infinitamente l’analisi, quanto non sopporto la faziosità a cui spesso ci si riduce (è più volgare apprezzare inconsapevolmente un testo brutto per moda, oppure fare dei distinguo per tentare d’imporre la propria soggettività come oggettività?!).

Tornando all’esempio dei Tool, al loro ultimo concerto c’era un sacco di gente, ed è stato poesia. Non è un esempio di chi o cosa, ma un esempio di come: il valore, come ho già detto, per me deve essere ricercato dall’artista, senza pretesa di successo, senza correlazione con la popolarità, senza aspettativa di condivisione. Se il successo poi arriva, si avranno meno detrattori, numero che sappiamo tutti non esser mai pari allo zero (anzi, ci son categorie d’artisti che esaltano questo stupido e fascista legame tra haters e valore).

Michele Salvemini ha un grandissimo successo, ha poco interesse per i propri detrattori perché li “combatte” con contenuti di qualità, a mio avviso.

 

La "poesia laureata" può avere un impatto sociale?

La poesia laureata DEVE avere un impatto sociale, esiste per farlo, va alimentata e nutrita proprio perché prima o poi arrivi a qualcuno e lo sconvolga, lo smuova, lo aiuti, lo supporti e lo inciti a cambiare il mondo. La poesia laureata è e deve riuscire a restare il mare pieno di contenuto, nel quale i nuotatori della poesia imparino ad avventurarsi.

Se la poesia popolare permette a un’ampia fetta di natanti di intrattenersi a sufficienza in superficie, la poesia laureata è quella che, sotto, riempie di meraviglie per occhi e polmoni, chi non si accontenta e vuole scoprire, vuole trovare e capire.

Spesso capita che qualche esploratore illuminato porti sul pelo dell’acqua un reperto scovato sul fondale, capita che tutta la gente attorno ne condivida l’apprezzamento e ne tragga giovamento, questo, anche se circoscritto a pochi individui, sarà utile a far venire voglia a qualche altro bagnante occasionale, di provare l’apnea e anche solo lo snorkeling. La curiosità è l’istinto migliore perché la poesia laureata, come tutte le altre forme di arte, abbia un impatto sociale; serve una riforma educativa radicale (sia nelle sedi scolastiche, che nelle famiglie stesse) perché le persone smettano di spegnere questa sana curiosità umana, per una più subitanea e soddisfacente accettazione sociale.

In fondo, quindi, la poesia laureata HA GIÀ un impatto sociale, quello che è nelle sue possibilità, in una società portata ad abbassare gli standard per pigrizia, piuttosto che stimolata a un minimo sforzo per un appagamento maggiore.

 
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Savogin introduce nelle sue risposte un elemento importante: il tempo.

Valutare nel tempo attuale qualunque forma d’arte risulta arduo, perché molteplici sono le dimensioni del successo di qualunque opera d’arte. Avere consapevolezza di ciò non deve però autogiustificarci ed evitare di interrogare il presente (altrimenti dovremmo chiudere questa rubrica e tante altre). La ricerca della qualità per un artista potrebbe però essere volta non solo al presente, ma anche al futuro. Nei momenti in cui il pubblico si forma e nei processi con cui evolve. Un pubblico capace di accettare quel patto di cui scriviamo nell’introduzione. Un patto che può essere sciolto con il tempo, quando sia il pubblico sia chi scrive decidono una crescita o una decrescita della qualità.

Per Savogin, inoltre, esiste una differenza tra una poesia popolare e una laureata. Sul confine tra le due si gioca un’importante partita: la compenetrazione.

Compito di chi studia poesia può essere il porre enfasi sulla qualità dei testi, il capire in che modo quella produzione si collochi in modo diacronico in una tradizione poetica.

Allo stesso tempo, dalla poesia popolare possono venire suggerimenti più diretti su quello che è il gusto del pubblico ampio, dei suoi tormenti. Suggerimenti che sono importanti anche qualora si tenga in considerazione la necessità di un elevamento del pubblico verso la poesia, come suggerito da Gilda Policastro nella precedente intervista.

Anche questa volta, chiudiamo usando i versi di Nanni Balestrini.

sia dunque lode al pubblico della poesia

lode al suo giusto nobile grande amore per la poesia

nel cui riflesso noi pallidi e umili messaggeri

viviamo grati e benedicenti