a cura di Veronica Permer
Trento è Castello del Buonconsiglio, Muse, Museo Diocesano, ma è anche tanto altro.
In Cultural.Trento andremo alla scoperta di alcuni luoghi culturali e di aggregazione sparsi per la città con una serie di interviste.
Macro e micro si incontrano per far crescere sempre di più ciò che ci circonda.
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Teatro, scuola di teatro, palestra per la comunicazione
Tutto questo e tanto altro è Portland nuovi orizzonti teatrali, un progetto culturale a cura di Andrea Brunello con la collaborazione di Francesca Pegoretti e Arianna Mosca, attivo tutto l’anno con corsi, spettacoli ed eventi.
Al centro di tutto il teatro, un luogo di aggregazione e creazione artistica che trova il proprio spazio nell’antico quartiere di Piedicastello, in via Papiria 8. Circondato da una parte dal fiume Adige e dall’altra dal Doss Trento, Portland offre una varietà di spettacoli ed eventi al pubblico in sede e fuori sede, come il festival di teatro e scienza Teatro della Meraviglia in collaborazione con l’Università degli studi di Trento, l’Opera Universitaria e la compagnia Arditodesìo, ma non solo. Portland è anche una scuola di teatro per bambini e ragazzi dai 4 ai 17 anni, e una palestra di comunicazione per imparare a trasformare i pensieri in parole efficaci da trasmettere senza alcuna barriera.
La comunicazione non verbale con il corpo, che prima di tutto ascolta e poi comunica, e l’arte della parola con l’uso della voce sono degli elementi indispensabili da conoscere per esprimersi con consapevolezza e padronanza.
Portland, inoltre, è anche rete. Un sistema teatrale in contatto con teatri, compagnie e altre realtà presenti sul territorio. Vivo, poliedrico e in crescita, Portland è progettazione e cultura a 360 gradi.
Staff Portland: Francesca Pegoretti, Arianna Mosca, Andrea Brunello / credit Alessio Righi
Il nome Portland rimanda a un tipo di cemento idraulico a presa lenta, naturale, che si ottiene cuocendo marne di particolare composizione e che a sua volta deriva dal nome della penisola di Portland nell’Inghilterra meridionale, ricca di questa roccia. Qual è il significato di Portland per voi e quando è nato?
Portland è nato da un’idea di Andrea Brunello e Corrado d’Elia, che nei primi anni 2000 hanno costituito l’associazione Teatri Possibili, una specie di franchising a livello nazionale, con base a Milano e sedi in numerose città italiane. Un accordo con il Centro Santa Chiara, con le stesse attività che facciamo noi, ma utilizzando gli spazi del Teatro Cuminetti sia per la pedagogia che per la parte di organizzazione di rassegne, che invece era organizzata con il Centro Santa Chiara e si chiamava Trento Oltre.
Nel 2009 abbiamo trovato lo spazio nel quale attualmente operiamo, il magazzino di Piedicastello, dove è nato il nome Portland. Non è un caso che si chiami così, perché Portland è un nome di un cemento che veniva prodotto all’Italcementi, la nostra vicina di casa. Le due ciminiere non ci sono più, tuttavia, per il quartiere di Piedicastello questo stabilimento è stato molto impattante per tantissimi anni, anche quando noi siamo arrivati. Italcementi non era più operativa da decenni, però per noi, scegliere quel nome, significava portare un’esperienza proveniente da lontano, da una città americana. Per questo l’abbiamo chiamato Portland nuovi orizzonti teatrali, perché nel 2008-2009 realtà come Portland non ce ne erano a Trento. Era un’esperienza nuova, per far vedere un altro modo di fare e di assistere al teatro, in un modo che allora non era presente.
Andrea Brunello, direttore artistico / credit Monica Condini
La bella stagione è la rassegna di teatro civile e della contemporaneità di Portland, che lo scorso ottobre è stata interrotta a causa del Covid. Gioielli teatrali, momenti di approfondimento, oasi di riflessione basati sul pensiero critico, come scrivevate in un post su Instagram. Che cosa riserverà La bella stagione quest’autunno?
La bella stagione riprende il programma dell’anno scorso, che a sua volta recuperava il programma dell’anno prima, perché anche nel 2019/2020 la stagione si era interrotta circa a metà del suo percorso. Già l’anno scorso, sul nostro materiale promozionale, avevamo preso il bollo che identificava Portland e gli avevamo messo il simbolo Start, perché per noi significava ripartire in un certo senso.
Anche quest’anno quello spazio c’è ancora, data l’importanza di rispettare gli impegni contrattuali che abbiamo preso a suo tempo. Sono spettacoli non vecchi, ben costruiti, scelti ad hoc, con tematiche molti forti che toccano i temi della contemporaneità e che puntano ad arrivare alla società e alla coscienza delle persone, intese come individui e cittadini.
Per noi quest’anno l’obiettivo è poter tornare a fare la stagione in presenza. L’anno scorso abbiamo fatto un solo spettacolo con ospite Angelo Campolo e il suo Stay hungry. Aveva vinto la selezione di In-Box, un premio nazionale al quale noi aderiamo. Ogni anno questa rassegna seleziona alcuni spettacoli, a cui poi viene garantita una circuitazione. È stata una serata particolarissima, quasi una cena tra amici per certi aspetti, con il Portland a capienza ridotta con 34 persone.
Quello che a Portland si genera è appunto l’intimità della situazione, in cui è possibile venire, vedere lo spettacolo e fermarsi a chiacchierare con le persone del pubblico, ma anche con gli attori e gli organizzatori. Uno scambio, durante il quale l’analisi dello spettacolo viene da sé.
L’obiettivo che ci poniamo quest’anno è fare in modo che Portland diventi di nuovo quel luogo d’incontro che è sempre stato e per il quale viene riconosciuto in città. Non è semplicemente vedere uno spettacolo.
Portland è impegnato non solo a Piedicastello, ma anche in altri luoghi. Sputnik!, il piccolo festival della lettura in cinque parchi della città e PoPoDoss! Porta i Popi sul Doss, storie di teatro per piccoli spettatori e spettatrici sono un esempio. Da dove traete ispirazione di volta in volta?
L’ispirazione viene dalle collaborazioni che abbiamo. Portland è gestito da tre persone che lavorano costantemente: io [Francesca Pegoretti], che mi occupo del coordinamento amministrativo-organizzativo, Andrea Brunello, che ha la direzione artistica e pedagogica, e Arianna Mosca, che mi aiuta con l’organizzazione e gestisce la parte di comunicazione e ufficio stampa. Questo sono le tre colonne. Portland poi vive, si alimenta di tutte le collaborazioni con professionisti del settore. Il PoPoPo è il frutto di una collaborazione che da anni portiamo avanti con Finisterrae Teatri, specializzati nella pedagogia per bambini e ragazzi, e con cui cooperiamo fondamentalmente per la scelta dei titoli. Poi l’ispirazione del PoPoPo un po’ si autoalimenta, perché per noi è un gioco lavorare con i bambini.
Sputnik invece arriva dalla collaborazione con Maura Pettorruso, che lavora con noi da molti anni. Collabora soprattutto a livello pedagogico e porta avanti una parte della Palestra per la comunicazione, che si concentra in particolar modo sulla lettura interpretativa. Il nostro obiettivo, anche in questo caso, non è fare semplice formazione, ma creare un contesto nel quale chi si iscrive ha poi un luogo e delle occasioni per allenarsi. Sputnik è appunto una palestra per i nostri lettori. Collaboriamo con Umanofono, con cui abbiamo fatto una call interna per accogliere questi lettori. La collaborazione con Sputnik è venuta da sola, insomma, come un’occasione ideale per avere un accompagnamento nella scelta dei libri, dei lettori e degli incontri. Di volta in volta, in base alle collaborazioni, l’attività perciò si autoalimenta.
Lo stesso avviene con il Teatro della Meraviglia, che è il frutto di una collaborazione che la compagnia teatrale Arditodesìo ha con l’Università e con l’Opera universitaria, per la realizzazione di un Festival che si svolge a SanbàPolis, ma che Portland porta avanti come suo progetto, perché è parte integrante dell’organizzazione.
Se volgete il vostro sguardo al futuro, che cosa vi augurate?
Il teatro come missione civile, come funzione sociale molto ardita e ambiziosa è ciò che motiva il nostro lavoro. L’attività di Portland è l’attività di un soggetto che intende il teatro come veicolo di ecologia del sociale.
Un esempio è il Teatro della Meraviglia. Due anni fa si trattava di rendere meno ostico un argomento di tipo scientifico, che spaventava la maggior parte delle persone. L’obiettivo era quello di portarle a teatro, rendendo la fisica più digeribile, in modo da ridurre quell’ostilità che in certi comparti sociali si respirava nei confronti della scienza. Togliere perciò quella barriera, per favorire il dialogo e l’incontro.
Quello che mi auguro per il futuro di Portland è di poter tornare a fare le attività che abbiamo sempre fatto, ma con un’importanza ancora maggiore. Creare delle situazioni nelle quali si crei l’incontro e la possibilità di confrontarsi, come nel caso di Sputnik, della Bella Stagione, di PoPoPo. PoPoPo è particolare e unico proprio per questo, perché Portland è l’unico teatro dove i bambini possono sedersi, scendere dalla loro sedia e arrivare sul palco, senza alcuna barriera. In questa maniera vivono il teatro a 360 gradi.
L’incontro, l’ascolto e il dialogo sono quindi fondamentali.
I lettori di Portland e Umanofono in un momento del piccolo festival della lettura Sputnik! / credit Elisa Vettori
Grazie a Francesca e ad Arianna per essere state con noi!
Teatro Portland si trova in via Papiria 8.
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