di Giacomo Ferri
Questo sarebbe dovuto essere il primo articolo di una rubrica mensile intitolata "Del cinema e di altri demoni". Avrei parlato di un bel film, nuovo o vecchio che fosse, generalmente pescato a caso. Il titolo della rubrica non avrebbe avuto altro senso che stuzzicare la vostra curiosità, attraverso il richiamo a uno dei migliori libri che siano mai stati scritti da mano umana. Già solo concepirlo richiede afflato angelico.
Tuttavia.
Se è vero – come disse un vecchio saggio – che la vita è ciò che accade sull’altro lato della strada mentre aspetti per l’eternità un autobus che non passerà mai, su quell’altro lato della strada, nelle ultime settimane, ne sono successe di cose. Il COVID-19, per dirne una.
Mi sono chiesto allora che senso avesse parlarvi di un solo film quando siete costretti in casa (mi raccomando: in casa!) per almeno altre due settimane. Sarebbe stato poco carino. “Eh, che fa? Dobbiamo stare chiusi in casa e questo ci consiglia solo un film? Sparane almeno dieci, checcazz! E buttaci dentro pure qualche serie tv, dai!”
Così, per venirvi incontro (metaforicamente) durante la quarantena, ho deciso di cominciare questa rubrica con un episodio speciale.
Per cui – rullo di tamburi, squillo di trombe – eccovi “Quarantine Movies (and Tv Shows)”!
P.S. Lo so, il titolo è quel che è. Ma non mi è venuto in mente di meglio.
Cominciamo.
L’alba dei morti dementi – Ah ah, simpatico. Boutade a parte, guardatelo: vale la pena.
Le ali della libertà – Ah ah, molto simpatico. Boutade a parte, guardatelo: vale la pena (bis).
Space Jam – Il guilty pleasure di chi scrive e di ogni serio appassionato della NBA. Michael Jordan e i Looney Tunes calcano il parquet contro una banda aliena che ha “rubato” le doti cestistiche di Charles Barkley, Patrick Ewing e di altri vecchi campioni della pallacanestro. Solo questo vale il prezzo del biglietto. In più aggiungi – e non è un controsenso – che una delle cose migliori del film è che non è centrato unicamente sulla pallacanestro o sul catasterismo di MJ. Ovviamente, c’è anche questo, ma c’è anche, per esempio, una inaspettata riflessione sul peso delle aspettative e dell’essere una celebrità.
Okja – Bong Joon-ho è il regista del 2020. E già solo questo dovrebbe convincervi. Tuttavia, permettetemi di prendere a prestito le parole di una persona che le sa usare molto meglio di me: vi convincerà definitivamente. “Se non credete che gli animali siano lo specchio dell’anima, guardate questo film. Se non credete che al mondo occorra un cambiamento, guardate questo film. Se non credete che la cattiveria umana sia sterminata, guardate questo film. Se invece lo credete, guardate comunque il film. Ne abbiamo bisogno. Tutti.”
Icarus – Non capita spesso di leggere, tra i consigli cinematografici, il titolo di un documentario. Ma Icarus merita veramente tanto. Non ci credete? Ecco le sue premesse: un ciclista amatoriale sperimenta sostanze dopanti su se stesso per testarne l'efficacia sulle prestazioni sportive. Non voglio spoilerarvi il finale. Sappiate solo che a un certo punto l’esperimento degenera e il nostro ciclista si trova invischiato in un intrigo internazionale con epicentro in Russia.
Collateral – Il thriller urbano è il pane quotidiano di Michael Mann. Se il regista poi è in uno stato di grazia particolare (la cui aura sfiora anche Tom Cruise – di rado così convincente – e Jamie Foxx) non può che uscirne un capolavoro. Se siete amanti di quella tensione che vi rimesta lo stomaco, Collateral fa decisamente al caso vostro. Los Angeles by night non è mai stata così pericolosa e attraente.
The Terminal – La notizia della positività di Tom Hanks e della moglie Rita Wilson è stata un colpo al cuore. È come quando il tuo migliore amico sta male. Stesso effetto. Cito quindi The Terminal anche in funzione apotropaica. In più, questo film capita a pennello perché racconta la storia di un uomo costretto a rimanere chiuso nel terminal di un aeroporto che inizia lentamente a trasformare in ‘casa’. Una commedia dolce e divertente, che scalda il cuore.
Porco rosso – Tutti i film dello Studio Ghibli sono presenti su Netflix, e una lista seria li dovrebbe menzionare tutti. Io non l’ho fatto per rispettare l’ideale della varietas. Perché allora citare Porco rosso e non un qualsiasi altro film made in Ghibli? Non lo so. Forse perché è una storia che arriva dritta dritta al cuore. Forse perché si respira tanta Italia, e un amore così profondo, sentito e ben dimostrato per il Belpaese non si trova spesso al cinema. Forse perché trasuda antifascismo (e questo basta e avanza). In più, sentire un maiale dire che è meglio essere un porco che un fascista non può che far sorridere e commuovere.
Whiplash – Metti nel frullatore un po’ di cinema d’azione, di thriller a tinte horror e il ritmo travolgente del jazz. Ne uscirà Whiplash, il primo film di Damien Chazelle. Che se fosse stato anche l’ultimo, Chazelle avrebbe avuto una carriera con i fiocchi, visti i successivi e meno convincenti La La Land e First Man. J.K. Simmons, che interpreta un maestro di musica, giganteggia insuperato e insuperabile, dimostrando una cattiveria (attoriale) da brividi. La scena che chiude il film va di diritto negli annali delle più significative della storia del cinema.
Pulp Fiction – È il miglior film di Quentin Tarantino. Ritmo, scrittura, dialoghi, regia, musica: tutto quadra e intrattiene, tutto fila alla perfezione. Uno spettacolo allucinante e coinvolgente, un cult da vedere almeno una volta all’anno.
Sex Education – No, non è l’ennesima minestra riscaldata con protagonisti dei ragazzini di mezza età (scolare) con problemi che quasi nemmeno le persone di mezza età (anagrafica). Non sono le solite dinamiche sentimentali da soap opera, la solita compilation musicale anni Ottanta, i soliti personaggi triti e ritriti. Sex education è prima di tutto, e soprattutto, educazione sessuale fatta nella maniera giusta, cioè liberamente, senza tabù. Cosa che nelle nostre scuole ormai non si fa (quasi) più.
Peaky Blinders – Arthur Shelby, un po’ barcollante per l’effetto congiunto di alcol e botte, si avvicina al microfono e sussurra, col suo accento marcato, la sua voce roca e minacciosa: “By order of the Peaky fuckin’ Blinders”. In questa scena c’è tutto lo splendore inesausto di uno dei prodotti televisivi più incredibilmente coinvolgenti degli ultimi anni. Come spesso accade, il male ha un fascino irrefrenabile.
La casa di carta – Binge watching allo stato brado. È vero, la terza stagione cala parecchio (la storia sa di già visto, i nuovi personaggi non incidono e quelli vecchi appaiono stanchini), ma le prime due – per ritmo, tensione e scrittura – sfiorano i vertici dell’altissima serialità televisiva. E poi basta un accenno di Bella ciao per conquistare chi scrive.
Brooklyn Nine-Nine – Binge watching allo stato brado, ma spanciandosi dal ridere. Brooklyn Nine-Nine è una delle migliori comedy in circolazione perché sa essere profonda (pur facendo ridere) e mai banale, nonostante i toni goliardici e l’apparente scemaggine.
Breaking Bad – Non potete dirvi serietvfili se non avete mai visto Breaking Bad. BrBa è tutto. È incontrare le molteplici e ignote sfaccettature del nostro essere e fare i conti con ognuna di esse, buone o cattive che siano. È affrontare il tormento di mille vite, tutte egualmente affascinanti e ripugnanti. È sprofondare in un baratro in cui giusto e sbagliato si confondono irrimediabilmente. È l’ossessione irresistibile del male, presente in tutti noi. È riscoprire il sentimento semplice della pietà. Fossimo in ambito spirituale, sarebbe attingere alla verità divina e sfiorare il celeste, con tutte le conseguenze che questo comporterebbe.
P.S. Tutti i titoli menzionati sono presenti su Netflix, così non dovete nemmeno prendervi lo sbatti di cercarli in giro. Chi non avesse Netflix può sempre ricorrere ad amici o parenti oppure usufruire del mese di prova gratuito.