Ding Dong! The witch, pardon, the Cafè is dead!

 

E' arrivata la resa dei conti. E facciamoli questi conti: stormire delle foglie: 20 dB, ticchettio di un orologio: 30 dB, conversazione normale: 60 dB, conversazione ad alta voce 70 dB, uguale al rumore di una lavatrice e di una aspirapolvere.

La chiusura di un locale? 40 dB. E' arrivato ieri il comunicato con cui i gestori del Cafè de la Paix di passaggio Teatro Osele annunciano la loro ritirata dall'arena in cui si trascinava ormai da tempo uno scontro a viso aperto contro il vicinato, supportato dal Comune. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, come si legge nel comunicato pubblicato sulla pagina fb del Cafè, è che da poco tempo a questa parte l'amministrazione comunale avrebbe tolto loro la possibilità di richiedere ogni autorizzazione per effettuare spettacoli di varia natura.

Tutto questo perché dopo due giorni di perizia fonometrica effettuata nella casa di una vicina (e richiesta dal Comune di Trento), è emerso che il Cafè de la Paix ha raggiunto picchi di rumorosità che sfioravano i 40 dB negli orari consentiti. Ma quella dei decibel è l'ultima magagna di una lunga serie. Dal divieto assoluto di somministrare cibi e bevande dopo le 22.00, all'imposizione del silenzio -altrettanto assoluto- sempre dopo le 22.00, alle continue lamentele del vicinato e, come se non bastasse, agli estenuanti ammonimenti da parte degli enti pubblici, in primis Itea Spa. Dispiace tutto ciò, perché non si capisce come un gruppo di giovani volenterosi, animati da una sincera passione e voglia di fare, che ha creduto in un progetto di diffusione culturale, soddisfacendo tutti i criteri richiesti dal bando indetto dal Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani per riqualificare la zona, conformità che ha consentito loro di aggiudicarsi il bando stesso, ebbene questi ragazzi si vedano ora dire no grazie, non vi vogliamo più. O forse -il che è peggio- non vi abbiamo mai voluto.

Eppure, è sotto gli occhi di tutti quanto il lavoro svolto fin qui abbia lasciato dei segni positivi, seminando fiori di poesia là dove c'erano un tempo siringhe, animando con ritmi provenienti da tutto il mondo spazi prima mortificati e mortificanti per una città che è solita pavoneggiarsi del suo decoro e pulizia. Non sappiamo ancora come questa storia procederà. I gestori hanno fatto sapere che la chiusura è prevista per fine maggio, forse faranno in tempo a cambiare idea.

Magari grazie ad una aperta distensione da parte del Sindaco, sia che venga riconfermato l'attuale o venga eletto uno nuovo, che tenda la mano a queste iniziative invece che ostacolarle (questo potrebbe anzi essere uno dei temi su cui giocare la campagna elettorale, azzeccato quindi il timing dell'annuncio). Sembrerebbe propizia in tal senso la neoistituita consulta comunale degli studenti.

Per ora sono alla terza seduta, ma questo organo potrebbe, e ce lo auguriamo, fare pressioni o comunque portare avanti delle giuste cause care agli studenti, come ad esempio chiedere un allentamento delle norme che limitano il rumore massimo consentito durante i concerti (“norme sui concertini” ne abbiamo parlato qui), l'aumento del numero massimo dei concerti previsti a settimana, il miglioramento del servizio di trasporti notturni e molto altro ancora. La questione in fondo è sempre quella. Si chiede ad una città di diventare polo attrattivo di masse di studenti, dottorandi, ricercatori o giovani lavoratori provenienti da fuori, con mire degne di una Silicon Valley.

Eppure ci si dimentica che una solida “offerta formativa” non può limitarsi al piano di studi, a quello che si fa dentro l'università, ma deve comprendere anche un decente piano di vita che, per un giovane, non può prescindere da contaminazioni musicali, agoni poetici, riflessioni e dibattiti politici.

Tutto ciò che dimorava -ahimè tocca parlare con la nostalgia di un imperfetto- al Cafè de la Paix. 

 

(C.A)