Guida pratica al Brulè o Fenomenologia dei Mercatini

di Lucia Gambuzzi

Anche quest'anno – e anche quest'anno un po' in anticipo rispetto all'edizione precedente – si sono dischiusi i cancelli inaugurali di quel magico regno dimensionale che prende il nome di Mercatini di Natale, i quali rimarranno aperti fino all'Epifania.

Il fenomeno, in questo periodo dell'anno, è un rituale ormai consolidato in Trentino, ma da anni si è diffuso anche nelle altre regioni d'Italia. Quando ci si da appuntamento per un aperitivo al mercatino però affermare di “vedersi per un brulè” è una frase fortemente connotativa per chi è avvezzo a questa ciclica realtà. Ma per chi non lo fosse? Come spiegare agli amici che ci verranno a trovare in questo mese che cosa significa davvero, nei fatti e nelle intenzioni, andare ai mercatini per chi abita a Trento? Cosa stiamo realmente dicendo quando proponiamo “un brulè sulle 18”?

Come vivere al meglio e sopravvivere all'evento Mercatini di Natale.

  1. Sapersi orientare (almeno all'inizio)

Darsi appuntamento per un brulè ai mercatini potrebbe sembrare un'impresa facile nel suo realizzarsi, ebbene non è così scontato: i mercatini infatti si trovano in due piazze diverse di Trento, il principale in piazza Fiera e la succursale in piazza Battisti. Per non parlare poi delle altre casette, o bacucchelli, sparse per la città: quella di Sociologia, quella di piazza Santa Maria, quella di via Calepina, quella di via Oss Mazzurana. Quindi dire “ai mercatini” non basta: ne va specificato uno in particolare, il quale con ogni probabilità rimarrà, per il proprio ristretto gruppo sociale, quello abituale per tutta la durata dell'inverno. Un aspetto lodevole dell'aggregarsi da mercatino è la sua natura stocastica: non contano più le differenze sociali che derivano da chi solitamente frequenta quale bar e ci si ritrova tutti lì, indifferenziati ogni sera lì. Inoltre, nel caso specifico del mercatino maggiore, quello di piazza Fiera, vanno fornite alcune coordinate specifiche ( un mix di “davanti a”, “da quello del”, “dietro a”, che sarebbe opportuno comunicare a chi si deve incontrare prima che sia troppo tardi o per lo meno quando il numero dei brulè consumati si può ancora contare su una mano. Inviare una posizione su whatsapp, considerata la frammentarietà del poco spazio d'azione, potrebbe in questo frangente risultare inefficace, specialmente se non si è più in grado di reperire il proprio telefono).

  1. Uno sguardo all'orologio

Una volta che ci si sarà ritrovati con i propri amici nel luogo convenzionato, si potrà cominciare la versione invernale dell'aperitivo: la fascia oraria di maggior affluenza ai piccoli ed appiccicaticci banconi dei bacucchelli è quella compresa tra le 18 e le 20. Quella dell'orario di chiusura è una questione ampiamente dibattuta da chi ama la folkloristica realtà dei mercatini: perché così presto? Perché non prolungarli anche alla serata, almeno nel weekend? Sentirete chi è del posto incolpare l'anima scarsamente goliardica di Trento per questo fenomeno, sentirete che lo vuole il comune per incentivare le casse dei ristoranti che daranno asilo politico agli stomaci che devono far fondo o rimediare a quello strano buco dal movente alcolico, oppure sentirete dire che è una massonica congiura ordita dagli esercenti del bar del centro, preoccupati di perdere la clientela serale. Il nostro consiglio sarà di accettare i fatti per come stanno e di tenere sempre in considerazione l'orologio: alle 19.55 saprete che, se il vostro grado etilico non vi soddisfa, dovrete affrettarvi a ordinare un altro brulè. Non siate avari però, non ordinatene più di uno da portar via, presi della foga: sarebbe un errore strategico, perché poche cose al mondo ripugnano più di un brulè freddo.  

Non mancano gli avventori del mezzogiorno, per pranzo, e quelli della merenda con castagne e bombardino. Ci si potrebbe rivolgere ai mercatini anche a colazione, se mai si optasse per un menù unconventionae continentale, d'altronde nel Parampampoli è contenuto il caffè, ma di questo parleremo nel prossimo punto.

  1. Ricordarsi dell'artigianato (del resto, se no, mercatino di che?)

Chi ormai ha già vissuto diverse edizioni dei Mercatini di Natale tende a dimenticare che, in questa congerie di luci, colori e odori invitanti, ampio spazio è dedicato alle casette per la vendita dell'artigianato ed enogastronomia locali. Se la fascia centrale del mercatino (nonché la sua maggior fonte di guadagno) è quella del mangia e bevi in piedi, intorno ad essa sarà possibile l'acquisto di ogni genere di oggettistica legata al Natale ma non solo: sciarpe, guanti, orologi a cucù, candele, coperte, cuscini di cirmolo, mestoli da cucina. L'elenco sarebbe lungo e ancor più quello delle prelibatezze culinarie, dal dolce al salato, che potete acquistare in loco per poi farne regalo a mamme, nonne, zie o per consumarne a casa vostra, lontani dalla folla dei mercatini, se foste agorafobici.

  1. Il nucleo atomico del mercatino: baldoria

Nei fatti però un invito ai mercatini non ha quasi mai nulla a vedere con lo shopping: ciò a cui punta la maggior parte delle persone è ciò che si può consumare in piedi, per scaldarsi o più che altro per rifocillarsi. La bevanda più famosa e diffusa è il vin brulè, seguito da brulè di mela, brulè mocheno, birra, bombardino e parampampoli (che, per chi non lo conoscesse, è un liquore flambè che è uscito fuori della Valsugana, composto da caffè, cognac e vino rosso.) La cucina che si accompagna a queste bevande invernali è a sua volta adatta ai grandi freddi e meno al colesterolo: luganeghe, polenta, funghi, formaggi, canederli, tortel de patate, smacafam e strauben tirolesi. Se siete usciti con intenti moderati, uno spuntino di questo tipo potrebbe salvarvi la serata e la dignità; se siete usciti con intenti criminali, uno spuntino di questo tipo vi si potrebbe ripresentare più tardi. (cfr. 5. Fattore freddo) I prezzi di questo ristorante a cielo aperto sono contenuti – generalmente si può mangiare spendendo sui 5 euro, mentre un brulè costa 2 euro, salvo aggiungere la cauzione per le tazza o bicchiere in cui viene servito (chissà mai il perché di questa contromisura?) – costituendo ciononostante il motore immobile dell'economia dei mercatini. Consigliamo quindi di presentarsi ai mercatini con soldi spicci, per una compravendita più agevole, e pochi, se si teme di lasciarsi prendere la mano e il gomito dall'entusiasmo di questa atmosfera calorosa.

  1. Fattore freddo ed effetto boomerang da brulè

E' una vita che vi viene detto di vestirvi a cipolla: la regola vale anche i questo contesto. Quando uscite per un brulè l'unica certezza è che non saprete mai a che ora tornerete. Potreste rimanere fermi in piedi per ore, giorni, mesi. E' ingannevole l'effetto stalla (metafora del bue e dell'asinello nel presepe?) che si crea nella ressa intorno ai bacucchelli, ve lo può garantire l'espressione patita di chi ci lavora. Il fattore freddo non va sottovalutato, a maggior ragione quando il motivo per cui lo si patisce vorrebbe essere allo stesso tempo il rimedio al freddo stesso: il brulè scalda, le mani e l'anima, ma attenzione all'effetto boomerang di questa bevanda, perché gli effetti collaterali potrebbero salirvi alla testa tutto d'un colpo, dopo, e l'età in cui raccontate ai vostri genitori che “avete preso un colpo di freddo allo stomaco” è ormai finita. Rischio questo che si fa ancor più ingente nel caso delle bevande calde che oltre agli zuccheri super eccitanti contengono anche superalcolici, come rum, cognac o grappa. Quando i gradi celsius scendono, non calare mai di grado alcolico resta comunque regola aurea di ogni esperto bevitore.

  1. Studio di antropologia applicata

Una volta chiusi i libri, lasciate in facoltà ipotesi e teorie sul mistero che è l'essere umano: non c'è niente come i mercatini per insegnarvi nella pratica la vera Antropologia. Prendetevi un momento, tra un giro e un altro [n.d.r.: per chi non fosse triveneto d'origine controllata, qui costuma offrire un giro di bevute a testa, quello che paga per sé è tacciato di maleducazione], per osservare la varietà umana che troverete intorno a voi, nelle facce di chi vive il mercatino nei bacucchelli e intorno ad essi. Ci saranno le famigliole in gita, i bambini con i cappelli di peluche a forma di cinghiale, le vecchiette alla casetta del propoli, le ragazzine a quella dei saponi naturali. Ci sarà il rubicondo produttore agricolo della Val di Fassa e la commerciante new age che vende incensi bio dimagranti. Ci saranno ciurme di giovani alticci, che se la ridono nei più vari dialetti, in un inno corale al far baldoria tutti insieme e al volemosebbène. Li vedrete poi uscire – o, vi auguriamo, sarete tra loro – e riversarsi nelle strade, ogni sera increduli che i cancelli chiudano e chiudano così presto.

  1. Strategici momenti intelligenti

Come per le partenze, così per i mercatini: siate scaltri. Evitate, se non avete motivazioni di forza maggiore a spingervi, di inoltrarvi nei mercatini principali nelle ore di punta del weekend, quando riuscire a muoversi per volontà propria e non per inerzia risulta impossibile. Durante la settimana sarebbe l'ideale. In particolare, la settimana in cui si registrano momenti di più rara e entusiasmata umanità è quella prima del Natale: le feste imminenti comportano il ritorno in città di molte persone, alcuni studenti devono ancora rientrare al borgo natio e il clima di ferie alleggerisce ogni tensione.

     8. Feedback disfunzionali

Vi capiterà, nei giorni che precedono l'apertura dei mercatini, di sentire nei più disparati luoghi della città commenti negativi su questo fenomeno. Vi capiterà di sentire alcune persone lamentarsi per l'afflusso dei tanti, troppi turisti, della edonistica e corrotta anima commerciale del mercatino, del suo cominciare ogni anno un po' prima, del suo chiudere troppo presto, del suo durare troppo o troppo poco. Vi capiterà di sentire che è tutta una pagliacciata, che ci troveremo a fare il mercatino da Ferragosto, che i veri Trentini al mercatino non ci vanno. Poi vi capiterà di vederle, queste persone, ai mercatini, più volte. Vi capiterà di vederle bere felici il loro primo brulè dell'anno. Vi capiterà di vederle tristi quando i mercatini finiranno e infine di sentirle dire “Però, alla fine, quando non ci sono mancano”.

     9. Depressione post mercatino

Come ogni anno, l'Epifania, che tutte le feste porta via, si porterà via anche i mercatini. Non sarà semplice salutarli, con un arrivederci alla prossima edizione, rinunciare ad un'abitudine che sembrava ormai dover durare per sempre (soprattutto per chi ci lavora): è normale che proviate un vago senso di smarrimento nel cuore, che vi prenda una imprevedibile e vaga tristezza. E' la depressione da post mercatino, da fine delle vacanze, da rientro all'ordinario. Cancellatevi il broncio dalla faccia e non temete: i mercatini torneranno anche il prossimo anno, anche il prossimo anno un po' prima.

  1. Ciò che succede ai mercatini, resta ai mercatini.

    In vino veritas, in brulè immagina.