Il pubblico della poesia#5: Alessandra Racca

Una riflessione collettiva. Quinta puntata

 

di Adriano Cataldo

 

La poesia fa male

Nanni Balestrini

 

Per costruire questa piccola rubrica ci siamo posti una domanda: quali sono i confini della poesia?

In un mondo in cui il richiamo ai confini è spesso connotato all’esclusione, proponiamo all’opposto un ragionamento volto a ciò che possa accomunare le diverse realtà che operano nell’universo poetico italiano.

Non è nostro obiettivo stabilire una definizione di poesia, vogliamo invece parlare del suo pubblico. Il punto di partenza è un testo molto famoso del poeta Nanni Balestrini. In questo testo viene evidenziata l’esistenza di un “patto” tra chi fa poesia e chi ne fruisce. In questa prospettiva, risulta di fondamentale importanza capire i meccanismi di questa relazione pubblico-poeta, perché può dire molto sul fare poesia.

Come altre forme d’arte, l’universo poetico vive a nostro avviso una forte lacerazione.

Da un lato, si vede un’apertura molto forte al fare poesia, veicolata parzialmente dai nuovi media. Un’apertura orizzontale, che risponde alle necessità che hanno gli individui di esprimersi e di trovare parole per comprendere il proprio tempo. Un’urgenza che spesso non tiene conto della qualità del testo poetico.

Dall’altro lato, esiste un forte richiamo alla qualità del testo poetico, un’apertura verticale, che secondo alcuni dovrebbe rappresentare il confine per stabilire cosa sia davvero la poesia, per distinguerla dalla scrittura non-poetica, oppure da quella di poco pregio.

In base ai due diversi gradi di apertura, si possono identificare dal nostro punto di vista due tipi di poesia: una popolare e una laureata. Si tratta di due categorie analitiche, esemplificative, che servono per orientarsi, ma che nella realtà sono più sfumate.

Partendo da questo scenario, intervisteremo diversi esponenti del mondo poetico (poeti e poetesse, organizzatori e organizzatrici di eventi, critici e critiche) e ragioneremo sulle possibili differenze tra poesia popolare e laureata.

Dopo Roberto Batisti, la nostra quinta ospite è Alessandra Racca, che da anni si occupa di poesia, come autrice, insegnante, organizzatrice di eventi e iniziative culturali. È la vice-coordinatrice piemontese della Lega Italiana Poetry Slam e organizza uno dei più importanti tornei italiani di poesia orale e performativa: l’Atti Impuri Poetry Slam.  

L’abbiamo scelta perché è riuscita negli anni a diffondere il linguaggio poetico in contesti abitualmente non toccati da questa pratica.

 

(Alessandra Racca)

 

Cosa spiega il successo della poesia popolare, in termini di vendite e copertura mediatica, nonostante la scarsa qualità dei testi?

Credo che da un lato, semplicemente, il mercato editoriale abbia scoperto un territorio profittevole e dunque abbia provveduto a rifornire gli scaffali di prodotti adeguati. Nel back stage di questa operazione commerciale c’è però il variegato mondo di chi ha tentato e tenta di fare poesia con modalità e approcci vari, ma che forse hanno in comune un desiderio di apertura a modalità testuali e di divulgazione più “pop”. In questa galassia c’è di tutto: originalità, densità, un uso interessante di linguaggi e spazi e anche, ovviamente, molta mediocrità. Credo che un certo tipo di operazione editoriale e mediatica abbia colto un aspetto di ciò, quello più “vendibile” a un certo tipo di pubblico, e lo abbia collocato sul mercato. Altra parte del mondo culturale ha invece preso queste operazioni come lente per leggere tutto il resto, travisando, io credo, una buona parte di quel mondo che, pur muovendosi anche fra linguaggi pop, modalità di intrattenimento e una certa accessibilità, ha tutt’altra qualità.

 

Esiste qualche esempio di buona poesia capace di raggiungere un pubblico più ampio?

Leggendo questa domanda mi viene subito in mente il caso editoriale della Szymborwska, con numeri di vendita anomali per la poesia e una qualità testuale eccezionale. Certo, parliamo di un premio Nobel, con tutta la risonanza del caso.

Senza arrivare a casi così eclatanti io credo proprio di sì, accettando però il fatto che la poesia non è il mezzo che, attualmente, parla alle masse. Quello che secondo me ha senso apprezzare e sostenere è un’opera puntuale di ampliamento dei pubblici della poesia. E questo lavoro viene fatto, in modo differente, da festival, piccole case editrici, riviste, associazioni, collettivi, gruppi informali, singoli.

 

La "poesia laureata" può avere un impatto sociale?

Direi che la risposta a questa domanda per me è sopra. Però togliamo quel “laureata” perché nel contesto italiano non ha un valore oggettivo. Parliamo di poesie (nel senso di differenti poetiche e modi di proporre la poesia). Se organizzo un festival, pubblico un libro, promuovo attività di lettura, invento format…, in cui cerco di curare la qualità e penso al pubblico (cioè non sto facendo un’operazione ombelicale e auto riferita) sto operando nella società. In questo non vedo alcuna differenza fra la poesia e altre arti.

 

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Racca introduce un elemento molto importante nelle dinamiche tra creatori e fruitori di poesia: il ruolo del mercato editoriale. Quest’ultimo ha contribuito notevolmente allo sdoganamento e la diffusione della poesia popolare in ambiti che prima erano presidiati da quella che noi chiamiamo “poesia laureata” (espressione non tutti i nostri intervistati approvano e che noi intendiamo, rifacendoci all’intervista a Roberto Batisti, come “una poesia non per forza erudita o artatamente complessa, ma neppure fatta apposta per ammiccare a un gusto facile o immaturo”). Talvolta, questa irruzione è stata dettata dal profitto, senza pensare troppo alla qualità del testo, come dimostra il successo di Francesco Sole, Gio Evan, Franco Arminio e Rupi Kaur. Questo tipo di poesia, oltre a essere popolare, si presta a un vero e proprio consumo su ampia scala. Come sottolinea Racca, questa operazione è stata purtroppo vista come parte del tutto da molta critica letteraria, senza fare una cernita. Nel magma della poesia popolare si agitano di contro diverse esperienze, capaci di raccontare la contemporaneità senza scadere in codici letterari semplici.

La poesia popolare andrebbe valutata come la musica leggera, dove esistono diversi esempi di convivenza serena di prodotti di alta e bassa qualità sotto la stessa categoria e addirittura nel caso degli stessi autori. Un esempio su tutti, Lucio Battisti, che è stato capace di proporre canzonette da spiaggia assieme a pezzi più elaborati, visionari e sperimentali. In questa prospettiva, potremmo considerare Wis?awa Szymborwska come la Lucio Battisti della poesia contemporanea, o viceversa.

Risulta importante per Racca, affinché si possa parlare di “impatto sociale della poesia”, un allargamento del suo pubblico della poesia. Si tratta di prospettiva molto simile alla “compenetrazione” tra poesia popolare e poesia laureata tratteggiata nelle ultime due puntate di questa rubrica (le interviste a Savogin e a Batisti). Affinché l’allargamento del pubblico della poesia si compia, sarà però utile tenere conto di alcuni aspetti.

L’operazione deve essere il più possibile inclusiva. Deve infatti tenere conto dei fattori emotivi che spingono tante persone a leggere poesia popolare, ma che sono disposti ad allargare i propri confini. È probabile che molti fruitori di poesia popolare non ne conoscano il vasto spettro e si ritengano soddisfatti con quella del mainstream, per il suo cullante effetto. Con questo allargamento di confini, l’ammasso informe di consumatori di libri che curano sarà messo di fronte alla possibilità meno confortante, ma più costruttiva, che la lettura possa essere un dispiacere

In questa possibilità, la poesia deve essere il più possibile associata, come suggeriva Gilda Policastro, a un’esperienza conoscitiva, che procede attraverso elementi tecnici e retorici. Questi ultimi fanno della poesia un linguaggio che è qualcosa di più di una descrizione di stati d’animo con finale a effetto.

Quest’operazione può essere fatta in diversi modi. Oltre ai citati momenti oral-performativi pubblici, sarebbe utile approfondire la pratica del confronto tra esponenti dei vari approcci, sulla scorta di illustri precedenti, cercando di abbassare il più possibile il livello dello scontro.

Per dirla con Nanni Balestrini:

Eccoci qui ancora una volta

seduti di fronte al pubblico della poesia

che è seduto di fronte a noi minaccioso

ci guarda e aspetta la poesia

in verità il pubblico della poesia non è minaccioso

forse non è neanche tutto seduto

forse c'è anche qualcuno in piedi

perché sono venuti così entusiasti e numerosi

o forse ci sono un po' di sedie vuote

ma quelli che sono venuti sono i migliori

hanno fatto questo grande sforzo proprio per noi

perché poi mai dovrebbero minacciarci.