di Martina Bartocci
La celiachia, ahimè, non è una moda! Se vegani e fruttariani possono permettersi il lusso di scelte radical chic, il celiaco non ha scelto proprio nulla nella sua vita. La celiachia è una malattia autoimmune provocata dal glutine: la persona che ne è affetta deve escludere questa proteina dalla propria alimentazione, altrimenti i villi intestinali regrediscono e la mucosa danneggiata dell’intestino tenue non è più in grado di metabolizzare le sostanze nutritive.
Qual è l’identikit del celiaco seriale? Beh, lo riconosci perché tutte le cose che mangia hanno il marchio della “Spiga Barrata”; perché è imbarazzato quando gli chiedi di mangiare una pizza insieme (non sa come dirti che bisogna andare dall’altra parte della città, per trovare un locale idoneo); perché all’università i suoi biscotti sono i suoi biscotti e se tu hai le mani piene di farina del tuo panino al prosciutto, non puoi scroccarne neanche uno; perché all’aperitivo, preferisce il prosecco alla birra; perché alla domanda: “Ma quando guarirai?” il celiaco, rassegnato e un po’ irritato, ti risponde che la celiachia è un “amore eterno”.
A sostegno del celiaco, nel 1979 è nata l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) che, tra le tante attività, promuove il “Programma alimentazione fuori casa”. Quest’ultimo ha come obiettivo quello di creare una catena di esercizi informati sulla celiachia. Lo scopo è quello di far sì che sempre più ristoranti, pizzerie, bar ed alberghi possano offrire pasti senza glutine, privi di contaminazione. Attualmente i professionisti della ristorazione informati da AIC sono 2.478 e l’auspicio è che siano sempre più: dietro un celiaco, ci sono tanti amici che hanno voglia di mangiare con lui e che sceglieranno solo e sempre ristoranti gluten free. Un banchetto non è un banchetto se ci sono tante persone che mangiano ed una che è costretta a guardare o a mettere a rischio la propria salute per trascorrere una serata in compagnia. Essere un esercizio aderente all’AFC è un marchio di garanzia, in quanto è sinonimo di un percorso di formazione, della sottoscrizione di un Protocollo di Intesa e di controlli periodici da parte della sede locale dell’Associazione. Inoltre, un locale che entra nel network AIC gode di una notevole visibilità. L’esercizio infatti verrà inserito nell’elenco del sito nazionale, nella Guida inviata annualmente a tutti gli associali e nella App gratuita dell’Associazione Italiana Celiachia. La struttura verrà poi dotata di una vetrofania da apporre all’ingresso e di appositi loghi da utilizzare nel proprio sito o nel menù.
Qui a Trento ci sono diversi locali che offrono prodotti senza glutine, eppure tra questi soltanto alcuni rientrano nel network ufficiale AIC. La circostanza è di per sé poco ragionevole: se un esercizio si impegna ad utilizzare prodotti senza glutine, ad evitare contaminazioni e ad offrire un servizio per celiaci, perché non acquisire una certificazione ufficiale? I celiaci si sentirebbero molto più sicuri nel frequentare un locale con il logo AIC e l’attività verrebbe pubblicizzata maggiormente. Dunque, cari ristoratori trentini datevi da fare: dopo l’epidemia del Coronavirus ci saranno tante cene da recuperare, non fatevi trovare impreparati!
img.source: Sanità Domani