di Lorenza Giordani
L’Afghanistan non è poi così remoto. O almeno, non lo è più.
Il 24 giugno 2016 abbiamo incontrato Basir Ahang all’evento “Afghanistan 2016 – Sogni di tregua”, nell’ambito delle iniziative dedicate alla giornata mondiale del rifugiato.
Poeta, giornalista e attivista per i diritti umani, Basir arriva in Italia nel 2008, costretto a fuggire dalla sua terra per aver collaborato alla liberazione del giornalista Gabriele Torsello, rapito dai Talebani nel 2006. Ottenuto lo status di rifugiato politico in Italia, comincia ad occuparsi di diversi progetti volti a richiamare l'attenzione sulla situazione del suo paese e soprattutto della minoranza Hazara. In un dialogo assieme ad Alessandro Graziadei di ‘Abitare la terra’, si è discusso di Europa, rifugiati e Afghanistan. All’indomani dell’esito allarmante del referendum inglese, quanta umanità è rimasta nel Vecchio Continente? Sognare un futuro migliore è forse una colpa?
«Il motivo per cui ho lasciato l’Afghanistan oramai ha perso di significato» afferma Basir «perché oramai la mia vita è in Italia».
La potenza del messaggio di Basir è ancora maggiore nelle sue poesie. La più emozionante, letta al tramonto di questa calda giornata d’estate è stata Esule Vagabondo, che riportiamo qui sotto.
Esule vagabondo
malinconico ma ardito
con un bagaglio di racconti
di guerra e dolore
forse la fuga dalla morte
e il senso di abbandono
mi han trascinato all’esilio
in questa città straniera
le mie stesse scarpe
sono tutta la mia terra
poiché in un mondo di tale grandezza
non c’è un posto in cui mi sia dato vivere
scrivo sui muri della notte
“portare rifugio all’umanità”
come impulso a che la città
sia più tranquilla
mia unica motivazione
le mie favole della buonanotte
sui muri colorati della città
che diradano il fumo e la delusione
la mia lingua è sconosciuta a tutti
persino al mio vicino più prossimo
che ogni mattina con il broncio e la rabbia
non risponde al mio saluto
ma io ho ancora speranza di vivere
sono esule e cento chilometri più in là
tutta la mia esistenza e i miei ricordi
sono legati a un territorio
che ora è crocevia di sangue e terrore
forse un giorno questo nodo si scioglierà
e la prossima generazione in questa città
dopo aver letto la storia
maledirà i propri padri
questa è la mia storia
sono un esule vagabondo
e la mia patria
non sono altro che le mie scarpe.