di Anna Kovaleva
Lo sport non è soltanto allenamento, non è solo fatica e obiettivi da perseguire, ma è (o meglio, dovrebbe essere) anche un’attività impregnata di valori e ideali. Purtroppo al giorno d’oggi sembra che l’etica sportiva stia cedendo il posto agli interessi economici e di potere, all’ambizione di raggiungere il successo ad ogni costo, dimenticandosi del valore fondamentale: il fairplay.
Di questa crisi dell’etica sportiva e del problema del doping si è parlato giovedì 25 maggio con Sandro Donati, allenatore di atletica leggera, Alex Schwarzer, marciatore e campione olimpico e il professor Sergio Bonini, docente presso la facoltà di Giurisprudenza.
La storia di Alex Schwarzer ha riempito numerose pagine di diversi quotidiani nazionali, non tanto per la sua vittoria alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, quanto per lo scandalo scoppiato nel 2012, relativo all’assunzione da parte dell’atleta di sostanze dopanti. Come racconta Sandro Donati: “Sono stato io a denunciare Alex alle istituzioni competenti nel luglio del 2012, ritenevo sospetti alcuni suoi spostamenti e il fatto di allenarsi da solo in Germania proprio un mese prima del campionato. Il sistema sportivo era a conoscenza dei fatti, ma ha cercato di “ovattare” la faccenda”. Nel 2012 infatti Alex racconta di essersi recato in Turchia e di essersi procurato alcune sostanze in grado di aumentare potenzialmente le sue prestazioni fisiche. “In quel periodo Alex non mostrava dei risultati eccellenti, era come un pianoforte di cui si usavano solamente i tasti bianchi. Con un corretto allenamento avrebbe potuto raggiungere risultati straordinari anche senza bisogno di assumere doping” continua Donati. I motivi che hanno portato il marciatore italiano a compiere una simile scelta sono molteplici: “Dopo la vittoria del 2008 ho cambiato allenatore. Non vedevo più il sostegno di cui ogni atleta ha bisogno, la competizione era forte, ma era una competizione scorretta. Ero entrato in una sorta di tunnel da cui non sapevo come uscire. Forse la cosa migliore dopo le Olimpiadi sarebbe stata quella di prendermi una pausa, ma la Federazione non avrebbe mai accettato” spiega Schwarzer.
Dopo lo scandalo del 2012 Alex ha ammesso le proprie colpe. “Mi sono fermato a riflettere se lo sport era davvero quello che volevo fare e per capirlo ho deciso di provare altre attività. Mi sono iscritto alla facoltà di Economia, ma dopo un anno mi sono reso conto che non era la mia strada e ho mollato per dedicarmi all’attività di allenamento. Pian piano ho capito che l’importante è fare nella vita ciò che ti piace davvero, perché se fai un’attività solo per raggiungere un obiettivo, sarai contento quando lo raggiungi, ma com’è la tua vita prima e dopo?”
Nel 2014, superata la crisi, Alex Schwarzer decide di tornare nello sport e lo fa contattando Sandro Donati. “Volevo ritornare nello sport, ma questa volta dando un senso preciso a ciò che faccio. Volevo riacquistare credibilità come atleta e trovare un allenatore che condividesse i miei ideali. Sandro Donati era ed è tutt’ora la persona giusta”.
Nel gennaio del 2016 Alex Schwarzer risultò nuovamente positivo ad un controllo anti-doping effettuato a sorpresa il primo gennaio e, di conseguenza, sospeso dal TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) per 8 anni. Ci sono tuttavia diversi punti controversi in questa faccenda, motivo per cui attualmente l’atleta e il suo allenatore si stanno battendo per avere giustizia: “Abbiamo perso dal punto di vista sportivo, da quello penale si vedrà” ha concluso Alex. Nel frattempo Alex continua ad allenarsi e si è cimentato nell’attività di allenatore.
Quanto conta l’etica sportiva al giorno d’oggi? Come non cadere nella trappola del successo ad ogni costo in un mondo sportivo corrotto?
Credo che l’etica nello sport esiste fino ad un certo punto, perché il problema non è solo il doping, il problema è appunto quello di vincere a volte a tutti i costi. Ci sono atleti che hanno ad esempio problemi di anoressia, perdono 5-10 kg per essere più performanti e anche questa non è una cosa sana e neppure etica. A volte c’è più apparenza di quello che si trova nella realtà, quindi io ad un certo punto ho guardato al piacere che ho io personalmente per lo sport che di battere un altro. Solo così uno è più tranquillo, equilibrato e magari l‘etica la rispetta ancora di più.
Quindi la ricetta giusta è non seguire l’etica del successo ad ogni costo, bensì provare piacere per ciò che si fa nella vita?
Sì. Si lavora tutto il giorno per migliorare e c’è dietro magari una squadra e l’interesse per i risultati è forte, anche a livello mediatico. Spesso quando non vinci ti scaricano subito. È difficile avere un’etica, perché questa manca non solo nell’atleta. I giornalisti sono gli ultimi ad avere un’etica, sono molto dietro allo sportivo. Quindi bisogna sempre vedere le cose nell’insieme.
Prima del controllo del 2016 avevi determinate aspettative per il tuo ritorno?
Mi sono affidato completamente a Sandro e quello che veniva – veniva. Abbiamo vissuto anche tutto l’allenamento passo per passo, senza dirci l’obiettivo fra 6 mesi è X. Abbiamo cercato di migliorare con gradualità e basta.
E le Olimpiadi di Rio 2016?
Certo, mi sarebbe piaciuto partecipare, però io avevo ancora la squalifica, non sapevo se fossi stato riammesso in nazionale, che gare potevo fare, quindi dovevo fare molti passi prima. Quando sono ritornato a Roma io volevo di nuovo migliorarmi e arrivare ad un buon livello, poi si può pensare alle gare e ad altre cose.
Nell’incontro di oggi hai detto che quello che ti è mancato prima dei fatti del 2012 è il supporto, soprattutto del tuo allenatore. Ora che questo supporto l’hai trovato nel tuo nuovo allenatore Sandro Donati quali sono le tue aspettative per il futuro?
Il progetto a livello professionale è proseguire con la mia attività di coaching con semplici amatori, che è una cosa che viene bene, e di crescere in questa attività, sia come numero di atleti che come conoscenza, magari fare regolari raduni aperti a tutti gli atleti non tesserati, quindi ci sono cose da fare.
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