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Si è concluso ieri il II Forum Mondiale dei Media Liberi che si è tenuto il 15 e il 16 presso l’Università Federale di Rio de Janeiro, all’interno dell’agenda della Cupola dei Popoli.
Questo II Forum nasce dopo due incontri preparatori nel Nord dell’Africa (Marrakech 2011 e Tunisi 2012), una prima edizione mondiale a Belém nel 2009, e un’Assemblea di Convergenza nel Forum Sociale Mondiale (Dakar, 2011). In questi incontri i mezzi di comunicazione indipendenti sono andati costituendo le loro proprie agende, locali e internazionali, e si propongono di fare un grande passo avanti inserendosi all’interno della Cupola dei Popoli, aderendo alla sua Carta di Principi e contribuendo con il loro appoggio e le loro pratiche alla costruzione di nuove e più partecipate forme di comunicazione.
Il Forum è stato vissuto e partecipato da persone provenienti da differenti paesi e rappresentanti diverse forme di media indipendenti. Si è parlato dei giornalisti assassinati in Kurdistan , del forte controllo statale dei mezzi di comunicazione in Mozambico, dell’appropriazione tecnologica da parte dei movimenti sociali in Cina, della legislazione innovativa in Argentina e poi ancora esperienze da Brasile, Europa, Canada, Stati Uniti, Africa, Sud e Centro America. Tanti i tremi trattati, incentrati attorno a quattro argomenti chiave: diritto alla comunicazione, appropriazione tecnologica, politiche pubbliche e movimenti sociali.
La mattina del 17, nell’ultima plenaria generale, si sono stabilite le strategie e le proposte per portare il proprio contributo all’Assemblea di Convergenza sui beni comuni della Cupola dei Popoli. Sono tre i principali temi toccati durante l’assemblea. Prima di tutto la necessità di creare una Carta Internazionale in difesa dei Mezzi di comunicazione liberi costituito da dieci punti fondamentali, tra i quali: il diritto d’espressione e di comunicazione libera, la neutralità della rete, la creazione di fondi pubblici per poter finanziare i media liberi…Si sono stabilite le strategie e modalità d’azione per garantire una copertura mediatica alternativa e “dal basso” della Cupola dei Popoli cercando di mostrare una prospettiva diversa sullo sviluppo, dare voce e libertà d’espressione alle varie culture che vi partecipano e i diversi soggetti sociali, rompendo le logiche egemoniche di creazione dell’informazione e del sapere anche riguardo alla Conferenza Rio+20.
Gli Stati devono comprendere che un’informazione libera e alternativa e la condivisione delle conoscenze siano diritti fondamentali da tutelare, che la comunicazione è un bene comune alla stregua della terra e dell’acqua ed uno strumento fondamentale per la creazione di un’opinione pubblica responsabile e cosciente. L’informazione non deve diventare una risorsa scarsa e ad accesso ristretto, da essere venduta sul mercato e monopolizzata da governi e corporazioni economiche.
Cosa c’entra la comunicazione ed i mezzi di comunicazione liberi con la questione ambientale? Bia Barbosa, membra del collettivo brasiliano Intervozes, risponde che la tutela dell’ambiente passa anche attraverso i media liberi, sono loro a dare voce a visioni e possibilità di sviluppo differenti: bisogna creare una nuova regolazione della comunicazione, dando maggiore potere e spazio ai mezzi di comunicazione liberi per poter realizzare una trasformazione della realtà verso una società che sia più sostenibile e più giusta.
La comunicazione è anche educazione ed è di per sé già parte del cambiamento: deve mirare alla liberazione, alla trasformazione della realtà, all’interno di uno sforzo per migliorarla, e fare in modo che gli uomini e le donne vengano riconosciuti come soggetti della loro propria storia, invece che oggetti di essa.
Il cammino per ottenere tali risultati è ancora lungo e il fatto che l’ANATEL (Agenzia nazionale delle telecomunicazioni) abbia cercato di chiudere la radio della Cupola dei popoli e il suo tentativo di raccontare le differenti voci all’interno di un evento internazionale, è un’altra dimostrazione di come la libertà d’espressione e comunicazione siano troppo spesso minacciate.
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