di Giorgia Roda
La conferenza “An introduction to Corporate Social Responsibility”, tenuta il 16 novembre dalla dott.ssa Federica Viganò, docente nel corso di laurea in Scienze della Comunicazione e Cultura alla Libera Università di Bolzano (Freie Universität Bozen), è stata l’occasione per chiarire il significato di questo tema e discuterne i suoi punti più rilevanti.
La responsabilità sociale, è un argomento attualmente molto dibattuto, sia per quanto riguarda le reali ragioni che spingono le imprese a essere più sostenibili, che in merito alla sua efficacia.
Nel corso dell’evento Federica Viganò ha lasciato spazio ai partecipanti per esprimere le loro opinioni dopo aver illustrato alcuni punti chiave storici, legislativi ma anche pratici.
Lei ha detto che non c’è una definizione così precisa di questa CSR, ma se lei dovesse tentare in poche parole di dare un quadro generale su che cos’è?
Si, forse è molto utile in questo senso usare anche la definizione, che non è l’unica, che è stata data dalla commissione europea. Il concetto di responsabilità sociale è prendersi la responsabilità della società. Nella definizione della commissione europea del 2011 compaiono anche degli aspetti molto specifici: essere responsabili significa integrare nelle operazioni dell’impresa gli aspetti ambientali, gli aspetti sociali, gli aspetti economici e quelli legati al rispetto diritti umani. L’altra cosa rilevante è essere consapevoli dell’impatto che si genera su società e ambiente, che deve essere misurato.
Sì, ad esempio, nel caso delle grandi imprese multinazionali che possono formalizzare maggiormente questo processo rispetto alle imprese più piccole. In merito proprio alle imprese più piccole, cosa possono fare queste nel concreto? Perché detta così può sembrare solo un concetto astratto e lontano che non si percepisce nella quotidianità
Faccio due esempi riferendomi anche a eventuali stakeholder (coloro che hanno un interesse nelle vicende e nel comportamento di un’impresa. Per esempio: lavoratori, fornitori, stato, collettività) della piccola impresa che è un mondo che è il nostro tessuto economico in Italia fondamentalmente. Ad esempio, nei confronti dei lavoratori, avere tutta una serie di politiche attive per il rispetto, che possono andare dalle pari opportunità alla non discriminazione al non avere differenze salariali legate al genere fino all’avere una serie di accorgimenti di conciliazione vita lavoro. Nel caso dei fornitori, un tema molto rilevante che si traduce proprio in una cosa concreta: la puntualità dei pagamenti.
Queste sono azioni dell’action plan italiano sulla CSR, che non è molto noto perché nessuno è obbligato a fare queste cose.
Però Lei ha nominato anche la direttiva dell’Unione Europea, la n.95/2014, che rende obbligatorie queste misure.
Si la direttiva è stata adottata lo scorso anno in Italia. Le grandi aziende quotate in borsa hanno oggi l’obbligo di rendicontare anche gli aspetti non finanziari. E questo è molto significativo perché ci fa riflettere su come la regulation diventi spesso un driver che obbliga le imprese a essere più trasparenti.