di Leonardo Tosi
Doveroso disclaimer: l’ultimo Festival di Sanremo che chi scrive ha seguito è stato quello del primo Baglioni, mentre le edizioni apprezzate negli ultimi vent’anni si contano agilmente sulle dita di una mano.
Se, quindi, siete dei sostenitori integralisti del Festivàl, forse vi conviene passare oltre per evitarvi bruciori di stomaco provocati dai colpi di fioretto che seguiranno.
Sgomberato il campo da eventuali equivoci, dedichiamoci a quanto successo ieri sera: martedì 2 marzo ha preso il via l’edizione settantuno del Festival della canzone italiana, edizione travagliata che ha rischiato di essere ospitata in location fantasiose, con protocolli di sicurezza visionari, ma che alla fine si svolge all’Ariston semplicemente senza pubblico in sala.
Giudizio complessivo sulla serata: se il tentativo era piazzare l’asticella a un livello infimo per saltare poi in agilità durante le puntate successive, l’esordio della Kermesse è stato un successone.
Quasi cinque ore di battute stanche, monologhi a tratti imbarazzanti (usare l’espressione “a tratti” è quasi generoso, mentre imbarazzanti va inteso proprio nella sua accezione letterale: il gelo di certi passaggi ha fatto invidia a Burian), Amadeus che “io non so nulla”, Fiorello dolorosamente avviato verso un declino che ieri è sembrato più che vistoso.
E poi Ibra.
La presenza dell’attaccante del Milan è stata dibattutissima per motivi sportivi (qualche coraggioso si è spinto fino a pubblicare una tabellina dettagliata con gli spostamenti e gli allenamenti del campione svedese durante questa settimana), ma pochi si sono interrogati su ciò che Zlatan avrebbe potuto dare alla manifestazione. In base a quanto visto ieri sera, ecco la risposta: niente.
Anzi, il personaggio spaccone, presuntuoso, dai tratti divini che si è creato da ormai qualche anno, che funziona in campo e ha ormai stufato sui social, una volta calato in contesti terzi risulta, mi tocca ripetermi, imbarazzante; ogni volta che entrava accompagnato dalla musichetta balcanica “scelta da lui” pareva di stare in un film di Kusturica (che pagherei per vedere, a differenza di quanto offerto ieri).
Il mio cervello ci ha messo pochissimo ad associare in modo naturale l’esperienza di assistere allo spettacolo pietoso che si consumava sul palco di Sanremo a quella di guardare le scene di sesso nei film assieme ai propri genitori: un supplizio.
La nota positiva nel cast di conduttori della prima serata è stata Matilda De Angelis, che ha portato in teatro leggerezza e spontaneità e ci ha regalato l’highlight di serata intonando meravigliosamente Ti lascerò di Anna Oxa e Fausto Leali assieme a Fiorello. Anche la sua partecipazione non è stata esente da scivoloni (la Locura™ è l’unica giustificazione possibile per chi ha scritto quella roba sui baci e i limoni), ma Matilda è riuscita a rialzarsi con stile portando a casa il risultato anche con un pigiamino Prada molto lockdown-chic.
E arriviamo, purtroppo e finalmente, alle canzoni, che dovrebbero essere il succo di tutta questa cosa.
La prima tornata di brani è abbastanza deludente, come il resto del menù: emozione forte (aka strizza), autotune, cose già sentite, composizioni mosce, identità tradite.
Vincitori e vincitrici di serata Annalisa e Noemi, che fanno quello che è nelle loro corde (leggasi “non proviamo ad azzardare niente di nuovo”) ma cantano molto bene, i Maneskin che non vinceranno perché portano il ruock ma hanno dato un po’ di brio (Ssstopperr!) e Max Gazzé, più per l’esibizione che per la canzone. Note di demerito per Francesco Renga (perché non hai smesso dopo Angelo?), Aiello (sesso e ibuprofene? Veramente?) e Fasma (colpo di grazia prima di dormire), che si distinguono in negativo nel piattume generale.
Menzione speciale per Loredana Berté, che la spiega ancora a tutti (anche se inciampa nella presentazione del suo nuovo singolo) e per Sanremo per il sociale: scarpe rosse contro la violenza sulle donne, faro sulla detenzione di Patrick Zaki e sulla vergognosa udienza che l’ha recentemente prolungata, appelli al vivere responsabile e all’uso della mascherina.
Matita rossa sulle pagelle del Corriere della Sera, che evitiamo di commentare.
Seconda serata here we come, dacci un po’ più di soddisfazione.