Care lettrici e cari lettori,
Come avete potuto constatare, ieri è terminata la rubrica di SanbaRadio “Una vita da dottorando”.
Il nostro progetto ha visto protagonisti sei dottorandi dell’Università di Trento, provenienti dai diversi dipartimenti presenti in città. Ognuno di loro ci ha parlato del proprio percorso formativo, delle proprie esperienze e soprattutto delle proprie passioni. Abbiamo letto di persone che, dapprima convinte di intraprendere una strada, si sono riscoperte talentuose in ambiti completamente diversi. In questi racconti si legge spesso di “insegnanti guida”, docenti appassionati che, oltre a trasmettere il proprio sapere, sono stati in grado di indirizzare questi ragazzi nel loro percorso di vita. Tutti i dottorandi hanno dimostrato una sana curiositas, la stessa che porta ad acquisire una conoscenza disinteressata: l’obiettivo è imparare qualcosa di nuovo a prescindere da ciò che il percorso lavorativo riserverà loro. Nelle battute finali delle interviste, tutti hanno fatto riferimento alle straordinarie persone incontrate nell’ambito del dottorato e questo, a parere di chi vi scrive, è sintomo di un buon contesto lavorativo creato dalla nostra università. Più di un ragazzo si è lamentato della condizione di incertezza creata dal dottorato di ricerca. Chi è il dottorando? Uno studente, un ricercatore, un docente? Per l’ordinamento italiano si tratta di uno studente laureato che percepisce una borsa di studio. Questo è un aspetto sul quale dovremmo riflettere: come è possibile che le migliori menti del nostro Paese versino in una situazione così precaria e indefinita? Risolvono problemi e contribuiscono allo sviluppo delle nostre tecnologie, della nostra salute, delle nostre arti, eppure la loro retribuzione sembra non aver conosciuto l’evoluzione darwiniana…
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di accendere i riflettori sul mondo accademico post lauream, con il primario obiettivo di orientare tutti gli studenti che possano essere interessati al dottorato di ricerca. Non possiamo quindi che ringraziare tutti i dottorandi che, nonostante i loro numerosi impegni, hanno impiegato parte del loro tempo per rispondere alle nostre domande. Hanno avuto l’intelligenza di raccontarsi a 360°, mettendo in luce anche aspetti personali della propria maturazione e del proprio percorso di studi e questo, per chi adesso siede dall’altra parte della cattedra, non è mai così scontato. Unico neo di questa rubrica è stata la scarsa partecipazione femminile. Vi sarete chiesti come mai, 4 delle 6 interviste, siano state rilasciate da uomini. Ciò non è stato di certo dovuto alla nostra scarsa sensibilità per la parità di genere. Mi duole constatare che, a fronte delle 10 dottorande contattate, soltanto 2 hanno raccolto il nostro invito a partecipare. Certamente non pretendiamo che il nostro progetto possa piacere a tutti ma credo che, in un mondo nel quale si parla sempre di uomini che raggiungono posizioni apicali, sia importate da parte di noi donne dare testimonianza dei risultati raggiunti. L’ambito accademico è molto appetibile e farne parte è sintomo di grande intelligenza e di grande impegno, perché non attestare che anche le donne ne fanno parte? Spesso il gentil sesso viene messo ai margini (si pensi al recente e scandaloso caso Sofagate), ma a volte non sono le stesse donne a mettersi in ombra? Sarebbe bello dimostrare che anche una ragazza fa parte di un istituto di ricerca, che ha avuto nella propria vita fallimenti e successi e che un giorno potrebbe diventare un esponente di spicco del mondo universitario. Questo naturalmente è solo il mio pensiero e adesso, per amor di brevità, mi taccio e vi saluto nella speranza che questo nostro viaggio virtuale vi sia piaciuto.
Ad maiora!
Martina Bartocci