Secondo gli scienziati il grafene è uno dei materiali dalle potenzialità più promettenti. Da quando è stato scoperto è al centro di numerosi studi e non smette di sorprendere. Recentemente un gruppo di studiosi dell’UCLouvain ha compiuto un passo avanti nella ricerca, rivelando la resistenza e la tenacità alla frattura definitive di questo materiale. La parte italiana del progetto è stata seguita dall’Ateneo di Trento. Nello specifico da Nicola Pugno, docente di Scienza delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria civile ambientale e meccanica. Il docente da anni studia questo materiale e fa parte dell’ambizioso studio europeo “Graphene Flagship”.
Il materiale. Il grafene è un materiale bidimensionale formato da un reticolo di atomi di carbonio. Pur essendo sottile quanto un atomo, è resistente cento volte più dell’acciaio. È flessibile, leggero, impermeabile. Uno dei migliori conduttori di calore e di elettricità. Queste caratteristiche oggi sono note grazie alle simulazioni numeriche e parzialmente ai pochi esperimenti condotti finora. Misure non complete e statisticamente poco significative a causa della difficoltà di replicare i test.
Per poter comprendere questa complessità, bisogna immaginare di effettuare un esperimento su qualcosa di minuscolo, con lo spessore 150mila volte più piccolo di un capello.
Per conoscere però davvero la resistenza del materiale, spiegano gli esperti, è necessario avere due informazioni: la resistenza ultima e la tenacità alla frattura. Elementi che sono considerati il marchio di identità.
L’obiettivo degli scienziati coinvolti nel progetto era ricavare queste informazioni su campioni più grandi e ingegneristicamente significativi di quelli nanoscopici finora utilizzati, e ripetere più volte l’esperimento per avere risultati statisticamente significativi e definitivi. Ci sono riusciti.
Lo studio. Il gruppo di ricercatori per la prima volta ha condotto sperimentazioni su singoli fogli dalle dimensioni pari ad alcune centinaia di micrometri. Una misura che si avvicina al mezzo millimetro, osservabile a occhio nudo.
Gli scienziati dei materiali sanno che la perfezione è difficile da raggiungere. E così come qualsiasi materiale, anche il grafene contiene difetti. Questi provocano una diminuzione della resistenza nella fase di rottura. La resistenza diminuisce in maniera proporzionale alla dimensione del difetto più critico a sua volta proporzionale alla dimensione del campione preso in esame. I materiali a scala più piccola tendono a essere robusti perché la probabilità di avere difetti è più bassa. Al contrario, quando si ha un campione a una scala superiore anche i materiali più resistenti appaiono più fragili perché aumenta la probabilità che ci siano imperfezioni.
Gli autori dello studio hanno utilizzato un approccio scientifico che si chiama “meccanica della frattura” che tiene conto proprio dei difetti iniziali di un materiale (microfessure).
Utilizzando chip microscopici brevettati dalla stessa università belga, i ricercatori hanno effettuato simultaneamente centinaia di esperimenti su campioni spessi quanto un atomo, in presenza o meno di una fessura. L’obiettivo era misurare resistenza e tenacità.
L’interpretazione dei risultati. Il ruolo dell’Università di Trento nel progetto è stato quello di interpretare con una parte modellistica i risultati degli esperimenti svolti. Nicola Pugno, esperto di nanomeccanica bioispirata, nanotubi e grafene, e più in generale di resistenza di materiali e meccanica della frattura, è stato coinvolto in virtù della sua comprovata esperienza e dei suoi numerosi paper su questi argomenti, che per primo aveva calcolato teoricamente le tenacità a frattura del grafene, confermata definitivamente oggi dopo 20 anni.
«I test effettuati – illustra il docente – mostrano che a livello statistico, fogli di grafene con queste dimensioni hanno sovente un singolo difetto, che misura appena un nanometro e mezzo, ma che abbatte la resistenza del materiale del cinquanta per cento, come previsto dai nostri calcoli precedenti».
«Il risultato dello studio – aggiunge Pugno – è che bisogna tenere conto che la resistenza di grafene realistico, quindi difettato, deve essere circa la metà di quella ideale. È rischioso – conclude il professore – supporre un grafene esente da difetti perché capita raramente. Bisogna tenere sempre in considerazione almeno di un difetto singolo, piccolissimo ma che incide significativamente sulla resistenza effettiva del materiale».
Oggi il grafene viene utilizzato in diversi settori, da quello aerospaziale, al biomedico, all’edile. Questo studio apre anche ad altre applicazioni dove sono richiesti materiali ad altissima resistenza: dalla meccanica, all’ingegneria, alla sensoristica.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications ed è possibile leggerlo a questo link: https://www.nature.com/articles/s41467-024-49426-3